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Israele, escalation di violenza, nuove aggressioni e ferimenti

di Nino Fazio08 Ottobre 2015
08 Ottobre 2015

Israele, escalation di violenza senza fine. Il sindaco di Gerusalemme: “Girate armati se avete il porto d'armi”

“Siamo nel pieno di un’ondata di terrorismo”. Non usa giri di parole il primo ministro israeliano Benyamin Netanyahu, costretto a cancellare il vertice con la Germania in programma in questi giorni. Accoltellamenti in zone diverse del Paese e quattro ebrei feriti in poche ore da arabi israeliani. Una palestinese – nei pressi della Porta dei Leoni, nella città Vecchia di Gerusalemme – ha pugnalato due passanti, uno dei quali ha reagito sparandole. La giovane, appena 18 anni, è in condizioni gravi. È questa la prima conseguenza dell’appello del sindaco della Città Santa Nir Barkat che ha invitato i cittadini “dotati di porto d’armi, addestrati e a conoscenza delle regole di apertura del fuoco” a girare armati. Più tardi – a Kyriat Gat, nel sud del Paese – un soldato israeliano è stato ferito a coltellate da un palestinese, poi ucciso mentre tentava di fuggire con l’arma rubata al militare. L’ultimo caso, nel pomeriggio di ieri, in un centro commerciale di Petah Tikvaa, a nord est di Tel Aviv: un palestinese di Hebron ha colpito al petto un ebreo ultraortodosso, che non sembra in gravi condizioni. Una escalation di violenza che non si è fermata neanche davanti all’appello dei giorni scorsi del leader palestinese Abu Mazen, che aveva dato istruzione “alle forze di sicurezza, alle fazioni ed ai giovani” di non provocare un’escalation militare.

Sulla Città Vecchia di Gerusalemme, da giorni nel caos e pattugliata dalla polizia israeliana, e sul Paese intero aleggia, invece, lo spettro della terza Intifada. In linea con le misure “di polizia” adottate in questi giorni, nella Città Santa sono arrivati rinforzi e sono stati disposti arresti preventivi per gli elementi giudicati ”sovversivi”. In realtà – a queste latitudini – la violenza non si è mai arrestata, sfociando – a ogni pretesto utile – in picchi sanguinosi. Casus belli, stavolta, l’attentato a colpi di arma da fuoco dello scorso primo ottobre ai danni di un’auto su cui viaggiava una famiglia israeliana, nei pressi di Beit Furik, in Cisgiordania. Sulla vettura, i genitori – entrambi morti – e quattro bambini, non in gravi condizioni. L’attacco terroristico, rivendicato da un portavoce di Hamas come “opera della resistenza palestinese”, è stato seguito – a distanza di due giorni – da un altro bagno di sangue, stavolta nella Città Vecchia di Gerusalemme. Un palestinese – il diciannovenne Mohammad Shafiq, poi ucciso dalle forze di sicurezza israeliane – ha accoltellato a morte due ebrei ortodossi, ferendone altri tre.

In quella che è una guerra permanente tra occupanti e occupati – esasperata per giunta dagli estremismi religiosi – non è facile distinguere le notizie autentiche dalle verità di parte. L’“Ansa”, citando l’agenzia palestinese “Qudsnet”, parla di “immagini eloquenti di militari israeliani che si fingono palestinesi per infiltrarsi fra di loro” nella zona di Ramallah. Nel video, un agente israeliano travestito da manifestante palestinese punta l’arma di ordinanza alla gamba di un giovane arabo, a terra in stato di arresto, e sembra sparare un colpo. Il giovane, poi, viene ripetutamente percosso e trascinato via dai soldati israeliani.

Nino Fazio

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