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Israele, punizione in arrivo per gli obiettori di coscienza dell’unità 8200

di Federico Capurso19 Settembre 2014
19 Settembre 2014

unit 8200In pochi sanno di cosa si parla quando, girando per il Ghetto di Roma, si chiede di quei 43 ragazzi, arruolati nell’unità d’elite 8200 dell’intelligence israeliana, che venerdì scorso si sono detti impossibilitati, per un dilemma etico, a proseguire il proprio lavoro di spionaggio ai danni di «cittadini palestinesi innocenti» e «del tutto estranei al conflitto».

«È una questione delicata. La gente non ne sa nulla», risponde un addetto alla sicurezza della Sinagoga di Roma, «e io, comunque, non ne voglio parlare», chiude, addicendo motivi di estrema diffidenza nei confronti della categoria giornalistica. Quei pochi che invece ne hanno sentito parlare si affiancano fermamente alla posizione di condanna avanzata dal governo di Benjamin Netanyahu.

«Credo che il loro primo e unico dovere sia di proteggere Israele e non quello di dover sollevare obiezioni di coscienza», commenta un ragazzo. «E comunque, in qualunque altro paese, dagli Stati Uniti all’Italia – aggiunge un uomo che stava ascoltando la conversazione –, dei militari che si fossero comportati così sarebbero già stati puniti. Ma in Israele, che è un paese veramente democratico, probabilmente non ci saranno nemmeno delle sanzioni».

In realtà, il ministro della Difesa israeliano, Moshe Ya’alon, ha recentemente promesso gravi conseguenze per i responsabili, definendo il loro gesto come un «comportamento criminale», mentre Yariv Levin, uno dei leader della coalizione di governo, in linea con il premier Netanyahu e con il Presidente Reuven Rivlin, ha dichiarato che «chi si rifiuta di aiutare a proteggere il nostro Paese passa quella linea che divide la democrazia israeliana – e la libertà che rappresenta – dal terrorismo palestinese».

Unico «plauso per il coraggio dimostrato» dai 43 refusenik nell’esternare il proprio dilemma etico, è venuto – non a caso – dall’autorità palestinese. Un assist troppo ghiotto, quello servito dagli obiettori di coscienza israeliani, che nella lettera indirizzata al premier Benjamin Netanyahu e ai più alti gradi dell’esercito dichiaravano il loro rifiuto nel «prendere parte ad azioni militari contro i palestinesi e di continuare a prestare servizio come strumenti per estendere il controllo militare sui territori occupati».

Il j’accuse dei 43 refusenik proverrebbe da alcune «scelte» militari che avrebbero coinvolto palestinesi del tutto estranei alle derive violente di Hamas. Le informazioni raccolte sarebbero poi state usate per «commettere persecuzioni politiche, creare divisioni all’interno della società palestinese – si legge nella lettera – arruolando collaboratori e spingendo per destabilizzare con divisioni interne la società palestinese». Una serie di azioni che avrebbero, sempre secondo gli obiettori di coscienza, l’unico obiettivo di mantenere il controllo militare nei territori occupati della Cisgiordania.

Dall’esercito è poi arrivata una contro-lettera, firmata da 150 soldati della stessa unità 8200. «Siamo rattristati – si legge – dai nostri amici e dal loro uso cinico e politicizzato del loro dovere legale e morale di servire l’unità 8200». E continua: «Non possiamo accettare le accuse d’assenza di standard etici e morali a guida del nostro lavoro d’intelligence».

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