Tensione alta in Cisgiordania dove, nei giorni scorsi, sono state uccise 4 persone in meno di 48 ore. Tra queste anche due giovani palestinesi, uno di 12 anni e l’altro di 18, entrambi morti durante uno scontro con l’esercito israeliano.
Tragico il caso di Abed al-Rahman Shadi Obeidallah, il 12enne, freddato a Betlemme nei pressi del campo profughi di Aida. A ucciderlo, durante gli scontri, sono stati i colpi sparati da un “fucile Ruger” (quelli in dotazione all’esercito israeliano) di un cecchino. Ora l’Autorità Nazionale Palestinese intende portare nei tribunali internazionali il suo caso per far luce su quanto accaduto. L’esercito israeliano, invece, ha fatto sapere di aver aperto a sua volta un’indagine sull’episodio e ha dichiarato che, nella repressione della “violenta e illegale” manifestazione (la lotta è stata definita così dalle autorità di Israele), sono stati usati mezzi non letali. Una dichiarazione che, però, non solo contrasta con la morte del ragazzino, ma che ha innescato le denunce da parte della associazione “Mezzaluna Rossa” (la Croce Rossa del Medioriente). Secondo l’organizzazione umanitaria, infatti, sono stati 500 i palestinesi feriti soccorsi negli ultimi due giorni in Cisgiordania, di questi una quarantina erano stati colpiti di fucile mentre la maggioranza ha sofferto per l’inalazione dei gas lacrimogeni usati dall’esercito.
Anche Huthayfa Othman Suleiman, il giovane palestinese di 18 anni, morto a Tulkarem, nel nord dei Territori, secondo i medici locali è stato freddato da un colpo di arma da fuoco che lo avrebbe centrato al petto. I due ragazzi non sono però le uniche vittime di questa escalation di violenza in Israele e Cisgiordania. Anche a Gerusalemme, pochi giorni fa, due israeliani sono stati uccisi a coltellate.
Oggi, per cercare di smorzare i toni cruenti degli ultimi giorni, il ministro della difesa Moshe Yaalon ha ordinato la demolizione a Gerusalemme di due case, appartenenti a palestinesi ritenuti responsabili di attentati nel 2014, mentre un terzo edificio è stata murato. La disposizione rientra nel contesto di misure straordinarie adottate far fronte, appunto, all’ondata di violenza. Tra queste è stato ordinato anche l’arresto preventivo di alcuni soggetti considerati “sovversivi”. Se la tensione non dovesse diminuire, saranno in molti a temere l’inizio di una terza “intifada”, dopo le ultime due ribellioni palestinesi del 1987 e del 2000.
Flavia Testorio