BEIRUT – Ritirarsi dal sud del Libano mantenendo cinque avamposti nella zona vicina al confine presidiato da soldati, per un tempo indefinito. Questa la mossa dell’esercito israeliano nel giorno della scadenza del termine per il ritiro delle truppe dal Libano in base all’accordo di pace con Hezbollah. In questo momento diverse migliaia di reclute, tra le 10mila e i 15mila, stanno presidiando quegli avamposti oltre la linea di demarcazione Onu, che non facevano parte formalmente del cessate il fuoco del 27 novembre. Pronta la reazione delle Nazioni Unite, che hanno sottolineato come qualsiasi ritardo nel ritiro dei militari sia da considerare una violazione della risoluzione 1701. Il Libano, dal canto suo, ha condannato la presenza di Israele nel suo territorio definendola una “occupazione” e chiedendo l’intervento dell’Onu affinché l’Idf liberi immediatamente il territorio.
L’obiettivo dichiarato dell’esercito di Netanyahu è quello di tenere sotto controllo Hezbollah fino al suo ritiro nella zona e finché l’esercito libanese non potrà monitorare autonomamente le attività del gruppo. Ad autorizzare Israele gli Stati Uniti, che garantiscono il rispetto dell’accordo insieme alle Nazioni Unite e alla Francia. Quest’ultima aveva chiesto, invece, il totale ritiro delle truppe israeliane.
Hamas: “Molto probabile il rilascio di sei ostaggi vivi”
Intanto non si fermano le proteste delle famiglie degli ostaggi ancora nelle mani di Hamas. Continuano a manifestare mentre prosegue la prima fase dell’accordo per la tregua con il gruppo. Trentatré i prigionieri da rilasciare. Israele ha chiesto ad Hamas il rilascio di sei ostaggi vivi, anziché i tre previsti dalla prima parte dell’accordo, entro sabato. Dal canto suo l’organizzazione terroristica ha confermato l’alta probabilità della liberazione. In cambio Israele ha assicurato che farà entrare centinaia di roulotte nella Striscia di Gaza per aiutare la popolazione. Intanto giovedì 20 febbraio Israele riceverà anche i corpi senza vita di altri quattro ostaggi uccisi. Si tratta di una deviazioni rispetto alle clausole dell’accordo iniziale, che prevedevano il rilascio dei corpi morti dopo la consegna di tutti i prigionieri vivi.
Il futuro della Striscia secondo Netanyahu: “Niente Anp”
“Dopo la guerra né Hamas, né l’Anp”. Il ministro Benjamin Netanyahu lo ribadisce con forza parlando del futuro della Striscia di Gaza. “Sono impegnato nel piano del presidente Donald Trump per creare una Gaza diversa”, ha fatto sapere il primo ministro israeliano riferendosi al progetto proposto dal presidente americano per spostare oltre due milioni di palestinesi tra Giordania ed Egitto, trasformando così Gaza nella “riviera del Medio Oriente”. La proposta, sostenuta anche dal ministro delle finanze israeliano Bezalel Smotrich, include l’annessione del nord di Gaza e di altre zone strategiche da parte di Israele.
Nel frattempo, l’Egitto ha rinviato il vertice arabo sul futuro di Gaza al 4 marzo. Il meeting era previsto inizialmente per il 27 febbraio per discutere e opporsi al piano proposto da Trump sullo sfollamento dei palestinesi dalla Striscia.