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Israele circonda Gaza. Il braccio armato di Hamas: “Siamo pronti ad una lunga battaglia.” A rischio l’aeroporto di Tel Aviv

di Raffaele Sardella11 Luglio 2014
11 Luglio 2014

Guerra-Israele

Israele ha schierato 30mila riservisti lungo i confini della striscia di Gaza. “Siamo pronti a muoverci, se ci sarà bisogno”, ha detto il portavoce dell’esercito Peter Lerner. La replica è arrivata attraverso un video diffuso dal braccio armato di Hamas: “Siamo preparati ad affrontare una lunga battaglia, che non durerà solo una settimana o 10 giorni, come vorrebbe il nemico, ma molto di più.”

Sempre di ieri è la notizia che due razzi sarebbero stati lanciati dal territorio libanese contro Israele, che ha reagito bersagliando con l’artiglieria la periferia di Kfarshouba. Il portavoce dell’esercito israeliano mette in guardia anche i “vicini di casa”: “il nostro esercito ritiene responsabile il governo libanese per qualsiasi attacco dovesse partire dal suo territorio.” Sarebbero ormai invece oltre 500 i razzi lanciati contro Israele dalla striscia di Gaza da quando l’operazione Protective Edge è iniziata. Il sistema di difesa Iron Dome ne ha intercettati 118, mentre gli altri sono caduti senza provocare vittime. Più sanguinosi “i danni collaterali” dei raid israeliani: nelle ultime due settimane ci sono circa 100 vittime tra i palestinesi, delle quali 15 donne e 22 bambini. Sarebbero circa 700 invece i feriti. Per i servizi di sicurezza israeliani, Hamas dispone di circa 10mila missili in grado di coprire un’area abitata da oltre tre milioni di persone. Per questo motivo il premier israeliano Benjamin Netanyahu ha dichiarato che i raid continueranno finché non cesserà il lancio di razzi e sarà riportata la calma, ricordando inoltre che l’esercito intorno a Gaza rimane pronto “ad ogni opzione”.

In questo clima carico di tensione un tentativo di mediazione arriva dalla Casa Bianca, attraverso una telefonata tra Obama e Netanyahu: “Gli Stati Uniti sono pronti a facilitare una cessazione delle ostilità, incluso un ritorno agli accordi per il cessate il fuoco del novembre 2012”, ha detto il presidente americano. In parallelo si sta muovendo anche il segretario generale delle Nazioni Unite Ban Ki-moon, che ha avviato contatti su ambo i fronti nel tentativo di trovare vie d’uscita dalla crisi: “Non è imperativo solo ripristinare la pace oggi, ma anche stabilire un orizzonte per domani – ha detto il Segretario ai giornalisti – senza la prospettiva della fine del conflitto, le contrapposizioni cresceranno sempre più radicalizzate”. Ieri c’è stato un primo confronto diplomatico tra i diretti interessati, che hanno potuto parlare al consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite: per l’osservatore permanente della Palestina Riyad Mansour, non è accettabile l’argomento che Israele “si starebbe difendendo”, mentre sarebbe a dir poco “audace” la tesi secondo cui i palestinesi utilizzino degli “scudi umani”. L’ambasciatore israeliano Ron Prosor ha fatto suonare in aula una registrazione degli allarmi “anti missile” che costringono gli israeliani ha correre quotidianamente nei rifugi: “Chiedere ad Israele di dimostrare moderazione mentre le nostre città sono sotto attacco sarebbe come chiedere ai vigili del fuoco di smorzare le fiamme dell’inferno con niente più che un secchio d’acqua”.

Di qualche minuto fa la notizia che le Brigate Ezzedin al Qassam (il braccio armato di Hamas) hanno avvertito le compagnie aeree di non volare sull’aeroporto Ben Gurion di Tel Aviv, da oggi “uno degli obiettivi perché ospita anche una base aerea militare”. Questa mattina sono stati intercettati tre razzi nell’area di Tel Aviv mentre il traffico aereo in entrata è stato chiuso in via precauzionale per 10 minuti.

Raffaele Sardella

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