BEIRUT – Le notifiche sugli smartphone anticipano ancora una volta il frastuono delle bombe. “Chiunque si trovi vicino ad elementi di Hezbollah si mette in pericolo”, ha scritto su X il portavoce in lingua araba delle Forze di difesa israeliane, invitando tutti i cittadini libanesi ad allontanarsi immediatamente dalle strutture perché, annunciano, gli attacchi aerei contro Hezbollah continueranno anche oggi.
Nella giornata di ieri, 23 settembre, gli stessi avvisi di evacuazione hanno portato migliaia di persone a scappare, intasando la strada che dal Libano meridionale porta a Beirut e Sidone. I raid israeliani, però, non hanno comunque lasciato scampo alle 558 vittime di quella che i media locali hanno definito come la più sanguinosa giornata per il Libano dalla fine della lunga guerra civile del 1975-1990.
I raid israeliani a caccia di Ali Karaki
Questa mattina l’esercito israeliano ha colpito alcuni siti dove erano immagazzinate armi, razzi e missili di Hezbollah, provocando “potenti esplosioni secondarie che indicano il vasto arsenale di ordigni che erano tenuti nelle strutture colpite”, ha detto l’Idf.
Nella notte i razzi israeliani hanno distrutto circa 1.600 di strutture di Hezbollah in diverse aree del Libano. Ad annunciarlo sono state le Forze di difesa israeliane, secondo cui gli obiettivi includevano lanciatori, centri di comando e strutture militari del movimento sciita appoggiato dall’Iran. Lo Stato ebraico punta a scovare Ali Karaki, il comandante militare più alto in grado di Hezbollah in questo momento, rimasto illeso dagli attacchi e rifugiatosi in un luogo sicuro. La situazione per i civili è al collasso. Stando al ministro libanese incaricato di gestire la crisi, Nasser Yassin, 89 rifugi temporanei sono stati allestiti nelle scuole, arrivando a ospitare fino a 26 mila persone.
La risposta di Hezbollah
Secondo le Forze di difesa israeliane, sempre questa mattina Hezbollah ha lanciato oltre 100 razzi verso il nord di Israele. Altri dieci missili sono stati diretti dal Libano verso la regione della Galilea. Hezbollah ha inoltre rivendicato la responsabilità di un attacco missilistico multiplo che questa notte ha colpito una fabbrica di forniture militari situata a 60 km all’interno di Israele.
Intanto, il presidente iraniano Masoud Pezeshkian ha detto in un’intervista alla Cnn che Hezbollah “non può restare da solo” contro Israele, e che non bisogna permettere “che il Libano diventi un’altra Gaza”. Tanta l’attenzione anche da parte dell’Iraq, con il primo ministro che, a margine dell’Assemblea generale dell’Onu, ha chiesto una “riunione urgente” di tutti i Paesi Arabi per fermare Isreale.
Gli sforzi di Biden e la reazione del Cremlino
Oltreoceano, gli sviluppi della guerra in Medio Oriente preoccupano il presidente americano Joe Biden che ha fatto sapere di star lavorando per una “de-escalation in Libano”, in modo “da consentire alle persone di tornare a casa in sicurezza”. La posizione degli Stati Uniti, secondo quanto riferito da un funzionario americano, è contraria a un’invasione di terra dell’Idf in Libano. Sentimenti di “inquietudine e preoccupazione” arrivano anche dal Cremlino, con il portavoce Dmitry Peskov che ha affermato di temere ” l’espansione del conflitto e una completa destabilizzazione della regione”.