Imprigionati e abbandonati a loro stessi, nel timore di essere stati sacrificati per il “bene superiore” del proprio Paese. E’ questa la condizione degli 11 milioni di cittadini di Wuhan, a quasi tre settimane dalla messa in stato di quarantena della metropoli, epicentro del Coronavirus. Il New York Times oggi ha pubblicato una inchiesta sull’attuale situazione della città, posta in un autentico “stato di guerra”.
Da un lato ci sono i cittadini, impossibilitati ad abbandonare Wuhan ed esposti al contagio, con le infezioni in continuo aumento e già oltre 600 morti in città. Dall’altro le misure sempre più stringenti operate da Pechino, con il Quotidiano del popolo che ha definito la lotta all’epidemia una “campagna di guerra”. Il governo di Pechino prosegue il contenimento della pandemia, con controlli della temperatura dei cittadini casa per casa e i confinamenti in immensi centri di quarantena.
Sebbene lunedì il leader cinese, Xi Jinping, abbia definito l’epidemia “un importante test del sistema e della capacità di governo della Cina”, finora la risposta di Pechino, almeno a Wuhan, non sembra essere stata molto efficace. Il tasso di mortalità della città è arrivato al 4,1%, molto più alto del resto del Paese.
Il New York Times racconta di moltitudini di malati radunati in centri di quarantena improvvisati, poco attrezzati e talvolta non riscaldati, con cure mediche minime. Pesa tanto la difficoltà nel ricevere farmaci e strumenti medici, dopo l’istituzione del blocco intorno alla città. Ma ora, a causa dell’interruzione del traffico, c’è il problema dell’approvvigionamento delle derrate alimentari.
Il senso di abbandono cresce di giorno in giorno, insieme alla contestazione. A fomentare la rabbia la notizia della morte, nell’ospedale di Wuhan, di Li Wenliang, il medico che per primo denunciò l’allarme Coronavirus, non creduto e anzi boicottato dalle autorità.
Le ultime misure restrittive sono state estese due settimane fa anche all’intera provincia di Hubei, determinando il confino per oltre 50 milioni di persone, il maggiore contenimento di massa della storia. Ma, dati alla mano, il vero dubbio che affligge gli esperti di tutto il mondo è se queste iniziative, portatrici di disagio e sofferenza verso milioni di cittadini cinesi, sono veramente utili nella lotta all’epidemia.