TEHERAN – A quasi un anno dalla morte di Mahsa Amini, il cui anniversario cadrà il 16 settembre, i residenti di alcuni quartieri di Teheran continuano a protestare e intonare slogan contro la Repubblica Islamica. Amini era una giovane curda di 22 anni, arrestata dalla polizia morale iraniana poiché accusata di non indossare in modo corretto il velo. Le autorità hanno tentato di accreditare la tesi della morte per infarto, ma la famiglia ha smentito e denunciato le percosse subite dalla donna. In poco tempo, la storia di Amini ha acceso un’onda di proteste che si sono diffuse in tutto l’Iran.
“Donna, vita, libertà”, questo lo slogan della rivolta. I manifestanti non chiedono solo l’abolizione del velo obbligatorio, ma anche diritti civili, libertà politiche, sviluppo economico, la fine della teocrazia e l’avvento della democrazia. Il governo ha reagito con il pugno duro, arrestando attivisti, intellettuali, studenti e cittadini. I processi spesso durano pochi mesi, e a dicembre 2022 sono arrivate le prime condanne a morte. È probabilmente la sfida più insidiosa alla legittimità della Repubblica Islamica nei suoi 44 anni di storia.