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HomePolitica Intesa sul premierato, la riforma approderà al Consiglio dei ministri

Intesa sul premierato
La riforma approderà
al Consiglio dei ministri

Prevista una norma anti-ribaltone

Ridimensionati i senatori a vita

di Chiara Esposito31 Ottobre 2023
31 Ottobre 2023

Il logo del Consiglio dei ministri nella sala stampa di Palazzo Chigi | Foto Ansa

ROMA – Alla fine la maggioranza ha trovato l’intesa. Nel corso di un vertice a Palazzo Chigi, le forze politiche dell’esecutivo hanno superato le tensioni degli ultimi mesi sulla riforma del premierato, legate soprattutto alla possibile contrapposizione con la riforma dell’autonomia spinta dalla Lega. Il disegno di legge della ministra delle Riforme Elisabetta Casellati approderà perciò sul tavolo del Consiglio dei Ministri, previsto per il 3 novembre. Dopodiché si aprirà la strada del voto alle Camere. Nelle intenzioni del governo, la legge costituzionale entrerebbe in vigore “a decorrere dalla data del primo scioglimento delle Camere”. 

Elezione diretta del premier

La principale novità della riforma, presentata nella bozza composta da cinque articoli, riguarda l’elezione diretta del premier. L’articolo 3 del ddl prevede infatti una modifica all’art.92 della Costituzione, introducendo l’elezione “a suffragio universale e diretto per la durata di cinque anni” del presidente del Consiglio. Le votazioni per il premier e le Camere avvengono tramite “un’unica scheda elettorale”, vale a dire che il presidente del Consiglio è espressione di una o più liste collegate. Pertanto, alla lista o alla coalizione che sostengono il candidato spetta “il 55 per cento dei seggi nelle Camere”. Al presidente della Repubblica resta il compito di nominare – su proposta del presidente del Consiglio – i ministri. L’art. 2 del ddl, però, sopprime il diritto del capo dello Stato di sciogliere uno solo dei due rami del Parlamento. 

Norma anti-ribaltone

Nell’articolo 4 del testo si legge che in caso di cessazione della carica del presidente del Consiglio, “il presidente della Repubblica può conferire l’incarico di formare il Governo al presidente del Consiglio dimissionario o a un altro parlamentare eletto in collegamento al presidente eletto”. L’obiettivo di questa norma definita “anti-ribaltone” è di mantenere la continuità dell’indirizzo politico della coalizione ma anche a evitare il subentro di governi tecnici – come avvenuto in passato con Monti, Renzi, Conte e Draghi – , impedendo l’elezione di un premier al di fuori del Parlamento. 

Ridimensionati i senatori a vita

Se la bozza del disegno di legge dovesse confermarsi, i senatori a vita della Repubblica non sarebbero più anche i “cittadini che hanno illustrato la Patria per altissimi meriti nel campo sociale, scientifico, artistico e letterario”, come previsto dall’articolo 59 della Costituzione. Questo comma, infatti, verrebbe abolito e dunque gli unici senatori a vita sarebbero gli ex presidenti della Repubblica. Fermo restando che nelle norme transitorie si prevede il mantenimento in carica dei senatori già eletti “fino al termine del loro mandato”. 

Il no delle opposizioni alla riforma

Se la ministra Casellati vanta di aver portato avanti la “riforma delle riforme” che darà nuova stabilità al Paese, le forze politiche di opposizione non sono d’accordo. Per il Movimento Cinque Stelle si tratta di “un autentico pastrocchio costituzionale” che rivela “l’avventurismo di dilettanti allo sbaraglio”. Duro anche il Pd, con il capogruppo al Senato Francesco Boccia che parla di riforma che “scassa la democrazia italiana”. E da Avs Nicola Fratoianni promette: “Lo snaturamento della nostra Costituzione non gli sarà permesso”. 

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