La vittoria del No al referendum costituzionale e le conseguenti dimissioni di Matteo Renzi dalla carica di primo ministro aprono la strada ad uno scenario politico-istituzionale ancora incerto. Il primo e più importante nodo da sciogliere è quello relativo alla legge elettorale. Il risultato delle urne dovrebbe portare alla cancellazione dell’Italicum, la norma approvata nel maggio 2015 ed entrata in vigore il primo luglio di quest’anno, che ha introdotto il premio di maggioranza alla lista in grado di raggiungere il 40% dei voti al primo turno.
Questa legge, però, è valida solo per la Camera, mentre per il Senato, in teoria, ci sarebbe il Consultellum, la legge elettorale determinata dagli effetti della sentenza della Consulta che, nel gennaio 2014, ha sancito l’incostituzionalità di alcuni elementi del Porcellum.
In sostanza, i due rami del parlamento si trovano con due leggi diverse, una maggioritaria, l’altra proporzionale. Per questo motivo, il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, sarebbe contrario a sciogliere le camere ed andare subito al voto, nonostante le pressioni che giungono dalle forze politiche di opposizione, su tutte Lega e Movimento Cinque Stelle. Si teme infatti che il paese precipiti di nuovo nell’instabilità.
Mattarella dovrà quindi iniziare le consultazioni per cercare di formare un nuovo esecutivo. A quel punto si aprirebbero diverse possibilità: se dovessero prevalere i timori legati alle possibili ricadute economiche, con un aumento dello spread e conseguenze negative sullo stato di salute delle banche italiane, si andrebbe verso un governo tecnico guidato dall’attuale ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan.
Se invece prevalesse la necessità di risolvere i problemi legati alla legge elettorale, con l’obiettivo di tornare al proporzionale anche alla Camera, si punterebbe sul presidente del Senato, Pietro Grasso, che a suo favore ha un buon rapporto con le opposizioni e non è visto come un uomo legato strettamente a Renzi. Queste scelte presupporrebbero in ogni caso un voto a primavera 2017.
Non è però da escludere una soluzione di più lungo respiro, che miri ad arrivare a fine legislatura. In questo senso, si punterebbe su Graziano Del Rio, uomo di fiducia di Renzi, mentre sembrano meno probabili le soluzioni legate a Dario Franceschini e Paolo Gentiloni. Sullo sfondo, anche un possibile ritorno in scena di Romano Prodi, caldeggiato da settori crescenti del Pd, ma smentito dal Professore.