«È stata la decisione più sofferta dei miei 54 anni», così Antonio Ingoia descrive il suo addio alla magistratura per passare al mondo della politica. Una scelta presa con amarezza, dopo 25 anni di servizio. «Per mesi mi sono sentito un uomo e un magistrato solo, ma non ho mai smesso di difendere la Costituzione e di cercare la verità su chi, e soprattutto perché, ha ucciso il mio maestro Paolo Borsellino» E ora Ingroia ha un altro importante obiettivo «portare in politica la grande passione per la giustizia, la verità e la Carta, visto che stiamo attraversando una vera e propria emergenza costituzionale. Adesso sono convinto che la magistratura, nelle condizioni in cui si trova, non possa fare grandi passi avanti se non cambia la politica». La prima assemblea nazionale di Azione Civile, il nuovo movimento da lui fondato dopo i deludenti passati risultati elettorali di Rivoluzione civile, si terrà il 22 giugno. Ingroia ha spiegato che «non basta più un magistrato “partigiano della Costituzione”, ma occcorrono tanti cittadini organizzati in un movimento politico per difendere con la loro azione la nostra magnifica Carta». E per un magistrato che volontariamente e liberamente lascia la toga, un altro rischia il trasferimento.
Le pesanti accuse del Csm su Messineo. Un ritratto impietoso, ma da verificare, quello tratteggiato dal Csm sul capo della procura di Palermo, Francesco Messineo, descritto come un “procuratore debole”, “sottoposto a condizionamenti”, in particolare da quelli esercitati dal suo vice, Antonio Ingroia. La prima Commissione del Csm ha ascoltato nei mesi scorsi gli aggiunti e sostituti procuratori di Messineo e ha deciso ora di aprire a suo carico la procedura di trasferimento d’ufficio per incompatibilità ambientale. Una scelta presa con il voto favorevole di tuttala Commissione con la sola astensione del laico del Pdl, Nicolò Zanon. Gli accusatori di Messineo sono soprattutto due suoi aggiunti, Teresa Principato e Leonardo Agueci, che hanno riferito alla procura di Palermo un sospetto nei confronti del loro di capo: quello di aver «perso piena libertà e indipendenza» nei confronti del procuratore aggiunto Antonio Ingoia, o che ci fosse con lui un «rapporto privilegiato».Secondo il Csm, infatti, Ingroia ha tenuto in un cassetto per cinque mesi intercettazioni che riguardavano Messineo, informando la procura di Caltanissetta solo qualche giorno prima di lasciare il suo incarico di aggiunto per andare in Guatemala.
Lo sfumato arresto del boss per debole gestione d’ufficio. Altra accusa pesante contestata dal Csm al capo procuratore di Palermo è il non aver favorito la circolazione interna di informazioni sulle indagini, e «conseguenza di un difetto di coordinamento sarebbe stata la mancata cattura di Matteo Messina Denaro», l’ultimo grande latitante di mafia. Messineo avrebbe, inoltre, mandato in crisi il rapporto di fiducia dei suoi collaboratori anche per comportamenti tenuti nei procedimenti che riguardavano i suoi familiari e l’inchiesta su Banca Nuova, che coinvolse il suo amico e direttore dell’Istituto di credito Francesco Maiolini. Il procuratore di Palermo è accusato ,infatti, di avere relazioni «inopportune con soggetti titolari del potere economico e politico locale». Messineo, ora, dovrà presentarsi il 2 luglio prossimo a Palazzo dei Marescialli per esporre le sue ragioni e difendersi dal rischio trasferimento.
di Alessandra Pepe