Il Mondiale di pallavolo, l’Europeo di nuoto e quello multisport. Sono soltanto alcuni degli eventi dell’ultima estate accomunati dai successi italiani e dalla mancata rilevanza sui quotidiani sportivi nazionali. La vittoria dell’Italvolley non ha trovato spazio nelle aperture della Gazzetta dello Sport, del Corriere dello Sport e di Tuttosport, che hanno scelto di privilegiare le polemiche arbitrali seguite a Juventus-Salernitana, partita della sesta giornata di Serie A, concedendo al trionfo azzurro soltanto la fotonotizia o la falsa apertura.
Sul calcio avevano deciso di puntare anche qualche giorno prima quando, invece di aprire con il record di medaglie nell’acqua di Roma o con l’oro di Yeman Crippa nei 10mila metri, si erano divisi tra il pareggio del Milan a Bergamo, la vittoria del Napoli sul Monza con protagonista Kvaratskhelia e l’attesa per la partita della Juventus (e di Vlahovic) contro la Sampdoria.
Questi sono soltanto esempi che testimoniano come nel nostro Paese il pallone catalizzi tutta o quasi l’attenzione dei quotidiani. Il risultato? La copertura degli altri sport risulta spesso inadeguata.
Alla base di queste scelte “c’è un’errata valutazione del potenziale lettore”, spiega Fulvio Paglialunga, giornalista e autore per la Rai, secondo il quale “si cerca di tenere stretta una cerchia di lettori, ma questa non è, dati alla mano, una strategia vincente dal punto di vista commerciale, perché per crescere è necessario attrarre altre persone, non coloro che già comprano il giornale”.
Secondo Paolo Condò, firma di Repubblica e opinionista televisivo per Sky Sport, la decisione di privilegiare il calcio dipende dai risultati delle ricerche di mercato ciclicamente commissionate dai giornali, dalle quali “emerge che i pochi lettori che comprano il giornale quotidianamente sono i tifosi di Milan, Inter e Juventus”. Per questo motivo, “il pubblico da privilegiare sarà sempre questo e nelle prime pagine si continuerà a dare spazio ai temi a loro cari”.
“I quotidiani avrebbero tutto l’interesse nel diversificare la propria offerta, raccontando storie che magari in televisione non sono presenti”, afferma Antonio Di Rosa, direttore della Gazzetta dello Sport tra il 2004 e il 2006 e ora alla guida della Nuova Sardegna. La mentalità calciocentrica, però, è “dura da superare perché resta più semplice parlare dello sport più popolare”, aggiunge Di Rosa.
Il primo a cavalcare questa tendenza è il quotidiano sportivo più diffuso in Italia, La Gazzetta dello Sport. Infatti, prendendo in considerazione il periodo estivo (quello in cui il campionato di calcio è fermo e, a rigor di logica, dovrebbero riuscire a trovare più spazio gli altri sport), tra il 2004 e il 2022, escludendo il 2020, emerge un dato secondo cui soltanto il 10% delle aperture della “Gazza” si identifica con notizie relative a sport diverse dal calcio.
Meno della scorsa estate si è fatto solo nel 2018 (tre), ma va considerato che nel periodo a cavallo tra fine giugno e inizio luglio si era disputato il Mondiale di calcio in Russia, mentre nell’estate appena passata non ci sono stati eventi calcistici rilevanti. Il numero più alto è relativo al 2004 con 23 aperture, un dato comunque basso viste le 91 prime pagine conteggiate, su cui hanno inciso le Olimpiadi, evento non legato esclusivamente al calcio a cui la “Rosea” ha dedicato più spazio negli ultimi 18 anni, come emerge anche dai dati relativi al 2012 e 2021.
Interessante, inoltre, è il quadro che deriva dall’analisi della presenza di ciascuna disciplina, sempre escludendo il calcio, in apertura di prima pagina della Gazzetta, considerando lo stesso periodo di tempo.
A guidare la classifica sono i motori con l’automobilismo che, grazie alla Formula 1 e in particolare alla Ferrari, è stato protagonista di 37 aperture, il 2,3% del totale, un dato comunque molto basso se si pensa che il 90% è dedicato al calcio. Da notare i numeri irrisori riguardanti tennis, basket e pallavolo, tre sport praticati e anche abbastanza seguiti dagli italiani, che sommati, però, si fermano a quota 11.
La tendenza calciocentrica è evidente, ma secondo Paolo Condò non possono più essere i quotidiani il veicolo attraverso il quale cercare di ovviare a quella che è una diretta conseguenza di un problema di cultura sportiva nel nostro Paese. Visto lo scenario di depressione in cui i giornali versano, infatti, “questi sono costretti a difendere la loro base di lettori, senza pensare che sia possibile allargarla, anche perché un’opera educativa di questo tipo si fa in tantissimo tempo e nessuno dei giornali ritiene di averne abbastanza”.
Il compito, dunque, spetta ad altri media, in particolare alla televisione, in cui gli sport diversi dal calcio trovano molto più spazio rispetto al passato.
Indicativa, da questo punto di vista, la scelta effettuata da Sky che, dopo aver perso i diritti della Serie A, ha scelto di continuare ovviamente a privilegiare il calcio, puntando però su un’informazione sportiva sempre più globale. Durante la scorsa estate, ad esempio, la pay tv ha trasmesso eventi di tennis, beach volley, atletica, nuoto, pallavolo, basket e golf, senza far mancare la consueta attenzione per i motori, affiancando alla loro trasmissione degli spazi di approfondimento frequenti.
Esempio interessante, in questo senso, è anche quello della Rai, che ha scelto di modificare la più antica trasmissione sportiva della televisione italiana, “La Domenica Sportiva”, eliminando la divisione in due parti tra il racconto del calcio e delle altre discipline che la caratterizzava fino allo scorso anno, e dando spazio anche in apertura a notizie ed eventi non relativi al calcio.
Si tratta, tuttavia, dei primi passi di un percorso che Di Rosa ritiene necessario per “educare la gente ad apprezzare di più chi si allena moltissimo e fa tanti sacrifici”. Per educare, sintetizza Condò, “alla vera sportività”.