A cinque giorni dal disastro in Indonesia la disperazione fra la gente sta crescendo. Alle prima luci dell’alba (le 2 in Italia) un’altra scossa di terremoto di magnitudo 6,3 ha fatto tremare il Paese. Intanto continua a salire il bilancio dei morti: secondo l’agenzia governativa per i disastri sono 1.234 le vittime. I dispersi sono invece un centinaio e circa 800 i feriti. Si tratta però di dati provvisori. Infatti i soccorritori non sono ancora riusciti a esplorare tutta la costa colpita.
Nella città di Palu, capoluogo della provincia di Sulawesi in cui vivono oltre 300 mila abitanti, c’è un’atmosfera surreale. Questa è la zona più colpita. Gli sfollati in tutta l’isola sono oltre 61 mila. Le immagini riprese dai droni restituiscono in un’istantanea un unico grande ammasso informe di macerie miste a fango. La distruzione è dappertutto: migliaia di case, palazzi e moschee non ci sono più e anche le strutture di cemento armato, come ponti, strade o centri commerciali, anche se più moderni, sono crollati. Alcune delle strutture che hanno resistito alle due forti onde sismiche del 28 settembre scorso, sono state travolte dal maremoto.
La situazione è drammatica a causa degli aiuti che faticano ad arrivare. A Palu mancano i servizi essenziali: la rete elettrica funziona a intermittenza, scarseggiano i medicinali, l’acqua, il cibo e il carburante. L’esercito sta presidiando i negozi per limitare i saccheggi da parte dei sopravvissuti che cercano di rifornirsi di beni di prima necessità.
Continuerà per giorni la ricerca dei sopravvissuti. Ieri i soccorritori hanno gioito dopo aver estratto una donna viva dalle macerie, ma c’è una piccola città, composta da circa 700 case, che non è stata ancora raggiunta.