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Indi Gregory, possibile
trasferimento del caso
al giudice italiano

Rinviato lo stop alle cure

Il padre: "Mia figlia merita di vivere"

di Alberto Alessi10 Novembre 2023
10 Novembre 2023

I genitori di Indi Gregory con la neonata | Foto Ansa

LONDRA – Il trattamento medico che tiene in vita Indi Gregory continuerà fino al prossimo verdetto dei giudici che oggi, 10 novembre, si esprimeranno sulla possibilità di trasferire la giurisdizione del caso al giudice italiano. I genitori della bambina affetta da una rara e incurabile malattia genetica, hanno spiegato che la Corte si pronuncerà oggi dopo il ricorso delle scorse ore contro la sentenza dell’Alta Corte di Londra, che aveva deciso per lo spegnimento delle macchine di supporto vitale.

Se il verdetto accetterà il trasferimento di giurisdizione del caso al tribunale italiano, si potrà disporre la terapia presso l’Ospedale Bambin Gesù di Roma, che si era offerto di ospitare la piccola per continuare ad assisterla. I legali dei genitori di Indi Gregory avevano già ottenuto la proroga delle procedure per il fine vita della bambina, e il successivo ricorso in appello gli ha permesso di ottenere una nuova speranza per il prolungamento della terapia palliativa. Punto fondamentale nella vicenda anche il conferimento della cittadinanza italiana da parte del governo italiano lo scorso 6 novembre, anche grazie alla collaborazione dell’associazione Pro Vita e Famiglia Onlus

Dean Gregory, il padre della bambina, ha affermato ai media italiani che “è nel migliore interesse di Indi venire in Italia,” aggiungendo che “è una combattente, vuole vivere e non merita di morire”. A supporto della causa dei coniugi inglesi anche la Conferenza Episcopale Italiana, oltre che il ministro della Salute, Orazio Schillaci, che “spera bene” per il trasferimento in Italia di Indi, e la ministra per le Riforme, Elisabetta Casellati, per cui “quando c’è da salvare una vita umana si devono fare tutti gli sforzi possibili”. Critiche dall’Associazione Luca Coscioni, impegnata da anni sul diritto al fine vita. Per il Consigliere generale dell’Associazione, Mario Riccio, “l’Italia poteva evitare una nuova ribalta in materia di vane speranze di cura”.  

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