Attese tra una settimana in Figc le carte dell’inchiesta sugli ultrà di Milan e Inter. L’obiettivo è quello di verificare se, sul fronte della giustizia sportiva, ci siano eventuali condotte “rilevanti” da parte delle due società o dei loro tesserati. Il procuratore federale della Federazione, Giuseppe Chinè, aveva già chiesto il 30 settembre – quando c’è stato il maxiblitz con 19 arresti – agli inquirenti la documentazione non coperta da segreto investigativo.
L’ipotesi “bagarinaggio” per i biglietti delle partite
Nell’inchiesta sugli ultrà – coordinata dai pm del Dipartimento distrettuale antimafia di Milano – è stato ascoltato questa mattina, mercoledì 9 settembre, l’allenatore nerazzurro Simone Inzaghi. Il tecnico, citato in un’intercettazione con Marco Ferdico – esponente di spicco degli ultrà interisti –, sarebbe stato sollecitato da quest’ultimo a intervenire con il presidente dell’Inter, Giuseppe Marotta, per avere più biglietti per la finale di Champions del 2023. A essere ascoltati saranno anche il vicepresidente del club interista Javier Zanetti e il capitano del Milan Davide Calabria. Questi i nomi dei primi tre testimoni che potrebbero aver intrattenuto telefonate e incontri con gli ultrà interessati al “bagarinaggio” dei biglietti delle partite, per cui è stato già emesso un procedimento di prevenzione nei confronti delle due società. Successivamente dovrebbero essere sentiti – sempre come testimoni – il centrocampista dell’Inter Hakan Çalhanoglu e l’ex difensore nerazzurro, ora al Psg, Milan Skriniar.
Gli incontri con Cosa Nostra e l’omicidio Boiocchi
Nelle centinaia di pagine di atti depositati vengono riportate intercettazioni tra Francesco Intagliata – uno degli ultrà interisti arrestati – e Nazzareno Calajò, presunto ras della droga della Barona, noto quartiere popolare milanese. In alcune intercettazioni della famiglia di ques’ultimo si sarebbe discusso anche dell’omicidio di Vittorio Boiocchi, leader della curva nerazzurra, freddato da due killer scappati in moto nell’ottobre 2022. A casa Calajò – non coinvolto nell’inchiesta sulle curve, ma condannato di recente a oltre 17 anni per narcotraffico –, secondo gli atti d’indagine, ci furono incontri con “pregiudicati della criminalità organizzata di origini palermitane”, ossia “Cosa Nostra”.