Il Vesuvio in fiamme è la cartolina forse più impressionante di questa estate 2017. Un’annata record in cui sono raddoppiati gli incendi, oltre 100 mila, e quasi triplicati gli ettari di bosco incenerito rispetto allo scorso anno. Una devastazione che non si vedeva da 10 anni. Nel 2017 in Italia è come se fosse andata a fuoco una superficie pari a due volte la città di Madrid.
I carabinieri forestali. Eppure l’attenzione era alta. “L’assorbimento del Corpo Forestale dello Stato in altre amministrazioni doveva portare a riorganizzare i sistemi regionali”. Questa la raccomandazione del premier Paolo Gentiloni fatta a giugno in occasione della presentazione della campagna antincendio boschivo 2017, conclusa il 30 settembre. Oggi l’ente è stato assorbito nei Carabinieri forestali. Il suo ex capo Cesare Patrone, secondo un’indiscrezione del giornalista Fabrizio Colarieti pubblicata su formiche.net, “pare sia stato nominato alla guida di una speciale sezione della nostra intelligence”, perché incendiare una pineta può essere anche un atto criminale o eversivo.
Il triste record. Il 2017 è stato un annus horribilis. Sono raddoppiati gli incendi estivi: oltre 97 mila rispetto ai 50 mila nel 2016; è triplicata la superficie incenerita dall’inizio dell’anno, oltre 140 mila ettari. I dati del Ministero dell’ambiente sui roghi nei parchi nazionali fra il 1997 e il 2015 sottolineano come il numero medio di incendi sia in calo (da 603 a 367). Ma è in aumento la superficie media incenerita (da 3,8 a 5,2 mila) a causa dei 706 incendi del 2007 e alle annate terribili 1997,1998, 2007 e 2012.
Le regioni sotto attacco. I tre territori maggiormente colpiti sono la Sicilia, la Calabria e la Campania. Al quarto posto il Lazio: prima regione non meridionale nella triste classifica di Legambiente. Il fenomeno è radicato al Sud perché in estate è favorito dal clima. Una specificità italiana sono gli incendi che divampano nell’arco alpino in inverno. Ma il 2017 sarà ricordato anche per i numerosi fuochi divampati in provincia di Latina.
Le cause. “Il fuoco ha origine soprattutto a causa del mancato rispetto delle regole”. Lo spiega il dirigente dei Vigili del fuoco Domenico De Vita. Le fiamme si sviluppano soprattutto nelle cosiddette ‘zone di interfaccia’, comprese fra l’area abitata e quella boschiva. “Il fattore doloso in questi tipi di incendi è centrale” dice De Vita. “Ma in queste aree il monitoraggio del territorio è maggiore. Per esempio la pulizia delle pinete riduce al minimo il combustibile. Il fattore casuale è meno raro nelle aree boschive: se si verificano tanti roghi in zone presidiate si può pensare che ci sia una strategia”. L’annata disastrosa è legata alle sei ondate di calore con temperature superiori ai 50 gradi. La situazione facilita l’insorgere degli incendi e le regioni si sono trovate in difficoltà ad organizzare lo spegnimento.
La questione dei Canadair. L’Antitrust sta indagando sui costi della flotta aerea antincendio. Questa è di proprietà statale, coordinata dalla Protezione civile e messa a disposizione delle Regioni. Ma appaltata ai privati. Si tratta di 32 mezzi antincendio fra Canadair ed elicotteri dislocati su 14 basi. Il parco mezzi è stato potenziato rispetto al 2016, ma ad agosto arrivarono altri 2 Canadair dalla Francia per far fronte alle 717 richieste d’intervento arrivate fra giugno e luglio.
Troppe per le tasche delle regioni. Gli aerei costano 55 milioni l’anno e nell’ultimo anno si sono più che triplicate le ore di volo. Tutti soldi che finiscono ai privati. Come ha rivelato un’inchiesta del quotidiano Repubblica, i velivoli sono in mano a 7 aziende a cui viene appaltato il servizio di gestione. Oltre i costi, c’è la mancata programmazione. La stessa che ha portato al disastro siciliano in primavera, con la macchina dell’antincendio bloccata per mancanza di soldi per l’acquisto di benzina, abiti e per fare le riparazioni.
Le fiamme si sviluppano in modo doloso o colposo: nel primo caso è volontario, nel secondo per imprudenza. Il numero dei primi è superiore a quelli colposi in genere, ma il dato cambia a seconda delle stagioni. L’incendio è un fenomeno socio-economico che assume caratteri specifici a livello locale, come nel caso di chi brucia la terra per rinnovare i pascoli. Poi ci sono agli interessi della malavita. In molti casi si tratta di cooperative criminali senza una struttura, che mirano a conseguire obiettivi a breve termine. È il caso dei roghi di Castel Fusano, a Ostia.
Ascolta l’intervista al giornalista Paolo Borrometi sui rapporti fra mafie e fuoco
Il business del fuoco. “Dietro a molti incendi ci sono sicuramente le mani della criminalità organizzata”, denuncia il giornalista antimafia Paolo Borrometi. L’incendio come strumento di controllo del controllo del territorio, per intimidire e ricattare: “O paghi l’organizzazione criminale oppure arrivano le fiamme e ti bloccano le concessioni edilizie”. Lo stabilisce la legge quadro sugli incendi 353 del 2000. Le mafie puntano anche sui finanziamenti europei legati agli appalti per i lavori nei parchi naturali. Lo hanno fatto capire al presidente del parco dei Nebrodi, Giuseppe Antoci, sparandogli sull’auto per aver definito il protocollo, divenuto legge, contro le ‘aziende sporche’. Le mafie – precisa Borrometi – “non sono più una prerogativa del Sud. Le pratiche utilizzate si spostano con le consorterie criminali mafiose. Ma al nord non c’è la stessa comprensione del fenomeno”.
“È necessario inasprire le pene per i piromani, rivedere il sistema di prevenzione e multare le Regioni inadempienti” dice Angelo Bonelli, coordinatore nazionale dei Verdi. “Occorre la collaborazione della cittadinanza, oltre che la responsabilità dello Stato” sottolinea Borrometi.