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In tutta Italia spariscono i 100 e lode alla maturità. Ma presidi e alunni protestano sulla rigidità dei criteri

di Domenico Cavazzino11 Luglio 2013
11 Luglio 2013

Bye bye lode. Dalla maturità non escono più diplomati col massimo dei voti. Un vero peccato se si pensa come la preparazione dei nostri studenti sia da sempre uno dei vanti del nostro Paese (anche se poi la maggior parte di questi cervelloni emigra all’estero in cerca di occupazione). Eppure i dati parlano chiaro: dal 2010 ad oggi il crollo dei “lodati” è pari al 46% nelle scuole statali, per salire fino al 74% negli istituti paritari e quest’anno le percentuali sono destinate ad aumentare. Un vero problema per i tanti studenti che pensano di proseguire il loro percorso di studi: basti pensare che per l’ingresso in facoltà a numero chiuso come Medicina, avere la lode garantisce un bonus di 10 punti ai test d’ingresso.
Cambiano i criteri. Perché uno studente possa puntare alla lode ha bisogno di ottenere il massimo alle prove scritte (45 punti), il massimo al colloquio orale (30 punti) e, nel corso del triennio finale delle superiori, aver ottenuto tutti i 25 crediti disponibili. Per la commissione c’è la possibilità di assegnare un bonus non superiore a 5 punti, per gli studenti con almeno 15 punti di credito e 70 punti nelle prove d’esame. Fin qui niente di strano, se non fosse che con l’entrata in vigore della riforma Gelmini, nel 2012, per ottenere il massimo dei crediti nel triennio scolastico è necessaria la media del 9 senza neanche un 7, contro quanto accadeva prima quando “bastava” la media dell’8 in pagella.
Proteste da nord a sud. Una rigidità, quella della legge Gelmini, contestata da tutti i presidi della Penisola che più volte hanno protestato chiedendo la modifica dei criteri, lasciando più margine alle commissioni. Obiezioni che si scontrano con la dura risposta di Gregorio Iannaccone, presidente dell’Associazione nazionale dei dirigenti scolastici: «Non stiamo parlando della tessera del pane. La lode è un fatto eccezionale che necessita di regole rigide».

Domenico Cavazzino

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