In questi giorni, quando si fa rifermento al Coronavirus, si parla spesso del “modello Corea”. LumsaNews ha raccolto via mail la testimonianza del presidente della Korean Society for Laboratory Medicine, Gye Cheol Kwon, per conoscere meglio come la Corea del Sud si è preparata all’epidemia.
In Sud Corea avete condotto test a tappeto. Pensa sia stata la chiave per prevenire la diffusione del Coronavirus?
“Sì, penso che l’individuazione delle persone infette il più presto possibile è la prima e più importante chiave per combattere il disastro dell’epidemia. Dalla passata esperienza della Mers (la sindrome respiratoria del Medio Oriente che si diffuse nel 2015) abbiamo imparato che la diagnosi precoce dei contagiati e la prevenzione della diffusione del virus, attraverso l’isolamento degli infetti, sono le soluzioni più efficaci. In Corea abbiamo un settore industriale ad alta tecnologia che ci permette di produrre kit per i tamponi rapidamente. Questi vengono poi autorizzati immediatamente attraverso il sistema dell’EUA (Emergency Use Authorization, autorizzazione all’uso di emergenza) e diffusi nei laboratori medici qualificati, dove si possono effettuare numerosi tamponi con velocità e accuratezza. Tutti questi fattori fanno ci permettono di compiere test molto rapidamente”.
Quanto tempo impiegate per ottenere i risultati dai test?
“Per la Pcr, cioè la reazione a catena della polimerasi, il test dell’acido nucleico impiega circa 2-3 ore per fornire dei risultati. Abbiamo però bisogno di ulteriore tempo per il trasporto dei materiali e lo svolgimento delle analisi. Quindi il Tat, ovvero il tempo generale per l’analisi, è di circa 6 ore”.
Qual è il consiglio che date all’Italia?
“L’individuazione, l’isolamento e il trattamento dei casi contagiati, così come indicato dalle strutture mediche, sono le misure più importanti da adottare in questo momento per sconfiggere il virus”.