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HomeEsteri In America latina gli Usa cercano soluzioni competitive alle vie della Seta

"Gli Usa contrastano Pechino
proponendo insieme all'Ue
prestiti e investimenti"

Cuscito (Limes): "In Argentina

una stazione satellitare cinese"

di Tommaso Bertini18 Marzo 2022
18 Marzo 2022

Giorgio Cuscito è giornalista di “Limes – Rivista italiana di geopolitica”. Con Lumsanews ha parlato delle conseguenze geopolitiche della penetrazione cinese in America Latina e nei Paesi caraibici.

Tra Cina e America Latina sono solo rapporti economici o ci sono anche rapporti di natura politica?
“Raramente gli interessi economici sono esclusivamente economici. Soprattutto quando si parla di un Paese come la Cina, che è la seconda potenza economica e militare dopo gli Stati Uniti. Questo è vero anche in America Latina, dove c’è un interesse che va ben oltre l’economia. Pechino intende penetrare quello che gli Stati Uniti considerano il proprio “giardino di casa”. Gli Usa godono di un grande vantaggio dal punto di vista strategico, in quanto non hanno una minaccia imminente alla propria sicurezza nazionale alle porte. Al contrario, invece, gli Usa sono fortemente presenti al largo delle coste cinesi dal punto di vista militare. La Cina, quindi, cerca di accrescere la propria presenza in America Latina anche per controbilanciare le attività americane nel Mar cinese meridionale.” 

Ma dal punto di vista economico, Pechino ha scavalcato gli Usa nella regione?
“Al momento, la Cina, dal punto di vista strettamente economico e commerciale, non ha superato gli Stati Uniti nei rapporti con l’America latina e i Paesi dei Caraibi. Ma è anche vero che la Cina, lentamente, sta aumentando, oltre al commercio, il volume degli investimenti. E questa è una minaccia, nel lungo periodo, per gli Stati Uniti. Questo perché costruire infrastrutture significa consolidare rapporti con gli Stati in modo concreto. Quindi è uno strumento per accrescere la propria influenza su quel Paese e, per certi versi, conoscerne l’attività. Negli ultimi anni, diversi Paesi dell’America Latina hanno aderito alla Belt and Road Initiative, che passa, formalmente, come un progetto puramente infrastrutturale, ma in realtà è lo strumento principe con cui la Cina si proietta all’estero dal punto di vista geopolitico.”

In che cosa consiste questo progetto?
“Si tratta di un progetto con cui la Cina propone a Paesi stranieri collaborazioni economiche, sul piano infrastrutturale, collaborazioni tecnologiche, ma anche culturali e militari. Quest’ultimo aspetto spesso viene trascurato, ma questa crescente presenza cinese lungo le rotte delle vie della seta viene accompagnata, in alcuni casi, dalla presenza militare. Un esempio classico è quello di Gibuti, uno snodo fondamentale delle vie della seta, ma anche il luogo dove la Cina ha aperto la sua prima base militare all’estero. Quindi anche questo potrebbe essere motivo di timore per gli Stati Uniti. In questo senso, l’Argentina è emblematica, in quanto ospita una stazione satellitare cinese. Serve per scopi civili, ma di fatto sotto il controllo di un ente che fa rapporto alle forze armate cinesi.”

Quindi tanti Paesi stanno aderendo alle vie della Seta?
“Sì, tantissimi Stati dell’area: dall’Uruguay al Cile, dalla Bolivia alla Guyana. Ma anche il Venezuela, il Nicaragua, e Cuba, che ha un ruolo importantissimo.”

Come mai?
“Perché Cuba si trova all’ingresso del Golfo del Messico, quindi lungo la rotta marittima che porterebbe nel cuore degli Stati Uniti, verso il fiume Mississippi. Non a caso, come insegna la crisi missilistica degli anni Sessanta, gli Usa non hanno mai tollerato la consistente presenza di un rivale a Cuba. Ora, la Cina non si è mai azzardata a elevare eccessivamente il rapporto con Cuba dal punto di vista militare, perché sa che questo potrebbe avere delle conseguenze nei rapporti con gli Stati Uniti, già abbastanza precari. Però, recentemente Pechino ha accresciuto i rapporti con l’Avana, promettendo investimenti sull’arcipelago. Insomma, è un approccio lento che però mira a contestare una parte del mondo che gli Stati Uniti per certi versi trascurano, anche se rimangono il primo partner commerciale.”

E gli Stati Uniti hanno reagito in qualche modo a questa penetrazione cinese?
“Reazioni consistenti non ce ne sono state. Negli ultimi tempi, però, gli Usa hanno cercato delle soluzioni per competere con le vie della seta, perché hanno capito che per i Paesi più poveri questi investimenti cinesi fanno gola. Quindi ha lanciato l’iniziativa Build Back Better World, che è un’iniziativa infrastrutturale con cui dovrebbero competere con i cinesi, promettendo investimenti più trasparenti e meno onerosi. Questo perché i prestiti di Pechino, nel lungo periodo, rischiano di acuire la dipendenza e aumentare il debito nei confronti della Rpc, che diventa una potente leva negoziale nelle mani della Cina. Questo si sta verificando in vari contesti, e il governo americano vuole contrastarlo. Anche l’Ue ha lanciato un progetto simile, il Global Gateway, che ha come obiettivo il contrastare la Cina sul piano degli investimenti.”

Ma qual è l’oggetto degli scambi tra Cina e America Latina?
“Dipende da Paese a Paese, ma in America Latina la Cina è a caccia di risorse naturali, e vede in Paesi come il Brasile o l’Argentina un luogo dove poter esportare le proprie merci. La Cina cosa chiede? Risorse naturali, minerarie, a prezzi convenienti. E in cambio offre investimenti. Però questo meccanismo, alla lunga, può mettere questi Paesi in una condizione di vulnerabilità.”

È possibile che quest’area si trasformi in un contesto più caldo dal punto di vista della tensione con gli Stati Uniti?
“In questo momento è poco probabile, ma in futuro è possibile, soprattutto se la Cina, oltre ad accrescere la presenza economica, riesce anche ad avere un’influenza di natura politica con questi Paesi. Ma soprattutto se riuscisse a consolidare la sua presenza militare. In quel caso, la situazione potrebbe diventare più complessa. Ma i Paesi latino americani sanno di essere, in maniera più o meno diretta, sotto il peso dell’influenza americana e di risentirne, e quindi si muovono con cautela. Però il caso dell’Argentina è indicativo perché Buenos Aires sta pensando di potenziare la propria aeronautica attingendo alla tecnologia militare cinese. Ma c’è anche un altro aspetto”.

Qual è?
“È la questione di Taiwan. Quando la Cina cerca di investire in questa regione, a quei Paesi con cui non intrattiene rapporti diplomatici, propone di fare affari e di aprire i rapporti diplomatici con loro con la condizione di chiuderli con Taiwan. È il modo con cui la Cina coglie due obiettivi in una volta: permeare il mercato e rafforzare i rapporti con un determinato Paese, da un lato; dall’altro, ridimensionare la proiezione diplomatica di Taiwan. Questo, nel lungo periodo, serve a isolare l’isola e facilitarne, nel lungo periodo, la conquista.”

La pandemia ha avuto un impatto sui rapporti Cina-America Latina?
“Sicuramente la Cina ha inviato dosi massicce di vaccini in questi Paesi. Negli ultimi mesi, Nicaragua, Cuba e Argentina hanno dato il segnale di voler aderire alle Vie della Seta. Per cui, al netto del danno che sicuramente ha subito Pechino a seguito dello scoppio dell’epidemia, i rapporti con l’America latina non hanno subito particolari danni.”

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