Fabio Raspadori è docente di diritto dell’Unione europea dell’Università di Perugia. Nel corso dell’intervista per Lumsanews ha parlato degli strumenti normativi a disposizione dell’Ue per quanto riguarda l’immigrazione e la divisione interna sulla crisi afghana.
Dal punto di vista legislativo, Bruxelles quali strumenti potrebbe avere in caso di una nuova crisi migratoria?
“In realtà non molti, si è pronunciato il Consiglio dei ministri dell’Unione europea, il legislatore insieme al Parlamento dell’Ue, il 31 agosto scorso. In questo statement sull’Afghanistan si è concentrato in particolare sull’aspetto relativo ai migranti, sottolineando come la principale preoccupazione dell’Ue, attualmente, sia quella di supportare i Paesi confinanti in modo che possano assorbire i possibili flussi migratori. Inoltre, operare sempre, relativamente ai Paesi confinanti, in modo da evitare il traffico di esseri umani e l’immigrazione illegale. Al di là della sparuta rappresentanza del popolo afghano che ha fatto ingresso nell’Ue, in merito ad altri eventuali flussi non c’è una specifica strategia se non quella di supportare i Paesi confinanti.”
Parla di sostegni economici?
“I sostegni di tipo economico l’Unione europea si è impegnata a corrisponderli, così come ha fatto per tanti anni. L’Ue è uno dei principali, se non il principale, attore della cooperazione allo sviluppo in Afghanistan: negli ultimi 15 anni ha investito circa 4 miliardi di euro per sostenere i processi di sviluppo. Si è impegnata anche nella situazione attuale, a supportare il popolo afghano con aiuti di carattere umanitario, insieme ad altre agenzie internazionali, come l’Onu.”
E i corridoi umanitari?
“Per quanto riguarda gli spostamenti di persone, questi corridoi umanitari, eventualmente, potranno essere supportati. Ma per quel che riguarda gli spostamenti di afghani dall’Afghanistan in altri paesi attualmente è prematuro parlarne, perché non si sa ancora bene quale sarà l’atteggiamento reale da parte del governo talebano relativamente ai possibili corridoi umanitari, ai possibili flussi di uscita di civili dall’Afghanistan verso altri Paesi.”
Ammesso che ci sia una questione di crisi migratoria verso l’Ue, secondo Lei, a livello comunitario ci sarà la possibilità di gestire la questione in maniera unitaria, o i pareri discordanti si tradurranno in un’impasse dell’Unione?
“Io penso proprio di sì, l’impasse c’è già ed è abbastanza evidente. L’Unione ha delle disposizioni chiare e molto specifiche relativamente a come gli Stati dovrebbero comportarsi in merito all’accoglienza dei richiedenti asilo e dei rifugiati. Ma non può imporre, perché il diritto non lo prevede, che tutti i Paesi europei accettino un certo numero di migranti. Ogni Paese, in base al diritto europeo, decide quanti accettarne all’interno dei propri confini. L’Ue può sollecitare, può provare a incoraggiare i Paesi membri a tenere certe politiche e certe opzioni, ma non li può obbligare. Anche relativamente ai richiedenti asilo, ci sono norme vincolanti per i Paesi membri, però quello che poi effettivamente avviene dipende anche dagli atteggiamenti che ciascun Stato assume, anche violando disposizioni europee. E questo è un problema che conosciamo da anni e che, nonostante i tanti sforzi dell’Unione, ancora non si è risolto.”
Perché?
“Perché gli Stati non sono disposti a cedere completamente all’Ue la competenza in materia di gestione delle migrazioni, comprendendo non solo chi fugge da situazioni di persecuzione, di non rispetto dei diritti umani, di pericolo e di incolumità personale, ma anche chi vuole cambiare la propria vita dal punto di vista socio economico, abbandonando i Paesi d’origine ed entrando in Europa. Questa è una situazione che non si è ancora risolta, ed è molto difficile immaginare che possa essere gestita in maniera soddisfacente guardando a eventuali futuri flussi dall’Afghanistan in Europa. C’è anche da dire che gli afghani sono distanti dai confini europei, e prima di arrivare in Europa devono attraversare altri Paesi, cosa che non è agevole anche da un punto di vista geografico. Questo scoraggia, da un lato, e contiene, dall’altro, l’aspettativa che ci possano essere a breve dei flussi migratori consistenti verso l’Europa. Se ci fosse una crisi migratoria ritroveremmo le stesse criticità del 2015.”
Rispetto alle dichiarazioni di Ursula Von Der Leyen, che ha parlato di “inadeguatezza” del regolamento di Dublino, secondo lei possiamo aspettarci un superamento di questa convenzione, o anche qui ci si scontra con gli interessi dei vari Paesi?
“Il Regolamento di Dublino è un atto di diritto europeo che non deve essere sottoscritto dagli Stati, come i trattati, ma che è stato adottato dal Consiglio e il Parlamento. La Commissione ha presentato un progetto di nuovo Regolamento riguardo i richiedenti asilo e dei flussi migratori. Questa proposta non è stata accolta favorevolmente dagli Stati, nonostante Von Der Leyen l’abbia presentata prevedendo delle innovazioni non sconvolgenti dal punto di vista complessivo. Le cose più rilevanti erano l’impegno da parte degli Stati di accogliere migranti richiedenti asilo che sarebbero entrati nel territorio dell’Ue, e gli Stati non di confine si sarebbero impegnati a gestire le pratiche di accoglienza e a garantire un supporto economico ai Paesi di prima accoglienza come lo è l’Italia. Questa proposta non è stata accolta, non ci sono grandi aspettative che si possa tradurre in un nuovo regolamento.”
Quali sono i problemi principali del sistema di Dublino?
“Uno di questi consiste nel fatto che i Paesi di prima accoglienza si accollano l’onere di esaminare le richieste di asilo da parte di chi arriva, e gli altri Paesi membri non sono obbligati né a sostenere economicamente il Paese di primo arrivo, né ad accogliere i richiedenti asilo una volta che questi hanno fatto ingresso nel Paese di prima accoglienza. Questo sistema scarica il peso dei flussi migratori sui Paesi confinanti.”