Oltre cento migranti arrivati via mare ogni giorno nei primi tre mesi del 2014, ma con il ritorno della bella stagione il ritmo sembra essere notevolmente cresciuto, come dimostrano i salvataggi a ripetizione operati quasi ogni notte. Il ministro dell’Interno, Angelino Alfano, ha lanciato l’allarme: «L’Italia – ha affermato – è sotto una pressione migratoria fortissima che arriva dalla Libia, dove nei campi profughi ci sono tra le 300 e le 600mila persone pronte ad imbarcarsi. L’Europa deve prendere in mano la situazione: non può dire che, avendo dato 80 milioni di euro a Frontex, ha risolto il problema».
Le polemiche. Data la scarsa operatività nel Mediterraneo dell’agenzia europea anti-immigrazione, dopo il naufragio dello scorso 3 ottobre in cui almeno 366 persone morirono davanti alle coste di Lampedusa, il governo italiano – allora guidato da Enrico Letta – ha ordinato alla Marina militare di coordinare una «missione militare unilaterale», denominata Mare Nostrum, per il pattugliamento del Canale di Sicilia e del Mar Jonio. La missione, operativa dal 18 ottobre, non ha il compito di respingere i migranti in mare, bensì quello di garantire la loro sicurezza prevenendo i naufragi, ed in subordine quello di individuare ed arrestare gli scafisti. Proprio questo suo carattere umanitario ha scatenato aspre critiche da parte di alcune forze politiche; in particolare della Lega, che ha attaccato anche la recente decisione della Corte Costituzionale di dichiarare incostituzionale il reato di immigrazione clandestina.
Mare Nostrum. «Dati alla mano – ha però spiegato questa mattina durante un incontro con la stampa estera il Capo di Stato Maggiore della Marina, ammiraglio di squadra Giuseppe De Giorgi – il picco dell’immigrazione è stato originato dalla crisi siriana ed è cominciato prima di Mare Nostrum, che costituisce invece una risposta di civiltà a questo fenomeno, con la quale il nostro Paese ha deciso di offrire ai migranti un’immagine molto diversa dal passato». Fino ad oggi (ma in questo stesso momento ci sono sei “bersagli in mare” da identificare) sono stati salvati 18.546 migranti, accompagnati poi a gruppi di mille circa nei porti individuati di volta in volta dal ministero dell’Interno. Sono stati effettuati 8 abbordaggi, durante i quali sono stati arrestati 66 scafisti e catturate 2 navi madri. «La cosa più importante – ha affermato De Giorgi – è però che negli ultimi sei mesi non si è verificato neppure un naufragio, né ci sono state vittime, salvo un migrante stroncato da un malore a bordo di un peschereccio che lo aveva soccorso».
Le navi e i costi. Mare Nostrum costa circa nove milioni di euro al mese, tolti ai fondi ordinari della Marina, «che per coprirne le spese ha dovuto tagliare molte esercitazioni di routine – ha detto ancora il Capo di Stato Maggiore – e sarebbe bene che l’Europa ci offrisse un contributo economico per il carburante ed i pezzi di ricambio, ma a parte questo siamo perfettamente in grado di portare avanti la missione da soli; in maniera complementare, ma distinta da Frontex, di cui non ambiamo ad assumere il coordinamento». Attualmente la missione viene effettuata dalla Marina con cinque unità navali: una grande nave anfibia – che funge da ospedale, da posto di polizia avanzato per una prima identificazione e imbarca anche personale della Croce Rossa e di alcune onlus – due fregate e due pattugliatori, oltre a due motovedette della Guardia costiera e ad una della Guardia di Finanza. Ad esse si aggiungono la componente aerea ed il supporto temporaneo di altre unità, tra cui un sommergibile, particolarmente utile per controllare in modo discreto l’attività degli scafisti e raccogliere prove filmate utilizzabili in tribunale. Al momento dell’abbandono dei migranti le nostre unità di superficie, fatte confluire nel frattempo nella zona, possono così dedicarsi in parte al soccorso ed in parte – su mandato della Procura della Repubblica competente – all’inseguimento della nave madre e alla cattura degli scafisti, in base alla convenzione di Montego Bay, che assegna alle marine militari di tutto il mondo il compito di reprimere il commercio di schiavi nelle acque internazionali.
Il caso “Nave Aliseo”. «Queste procedura – ha concluso l’ammiraglio De Giorgi – è stata utilizzata anche nella nota vicenda in cui il personale imbarcato sulla fregata Aliseo, dopo quattro ore di inseguimento, è stato costretto dal sopraggiungere dell’imbrunire a sparare prima alcuni colpi di avvertimento in mare e poi, avendo sempre cura di non poter colpire neppure incidentalmente le persone, altri colpi mirati sotto la linea di galleggiamento per costringere a fermarsi l’imbarcazione degli scafisti, successivamente abbordati da personale della brigata marina San Marco e consegnati alla giustizia, che in primo grado li ha condannati a 13 anni di carcere».
Di Alessandro Testa