Si terrà oggi pomeriggio l’incontro tra i sindacati e ArcelorMittal, la multinazionale franco-indiana dell’acciaio che, a un anno dall’aggiudicazione degli impianti dell’Ilva di Taranto, ha deciso di tirarsi indietro.
Al vertice prenderanno parte i leader di Cgil, Cisl e Uil, Maurizio Landini,
Annamaria Furlan e Carmelo Barbagallo. Dall’altra parte del tavolo dovrebbe esserci l’amministratrice delegata dell’azienda, Lucia Morselli; a tentare una difficile mediazione il ministro dello sviluppo economico Stefano Patuanelli.
L’azienda sembra intenzionata a confermare l’addio a Taranto, con annesso spegnimento degli altoforni. In questo scenario l’impianto Ilva sarebbe chiuso già a gennaio. C’è grande preoccupazione sul futuro dei dipendenti, il numero degli esuberi dovrebbe essere comunicato da ArcelorMittal ai sindacati proprio oggi.
Parallelamente esiste una battaglia legale, con l’amministrazione straordinaria di Ilva intenzionata a presentare un ricorso al Tribunale di Milano, puntando sull’articolo 700 del Codice di procedura civile e contestando il recesso “infondato”.
Le ragioni che ArcelorMittal indica per motivare il passo indietro sono l’ingiunzione da parte dei giudici di Taranto di procedere alla messa in sicurezza di un altoforno entro il 13 dicembre, e soprattutto la rimozione dello scudo penale per i manager di Ilva.
Ma pochi credono alla versione dell’azienda, a maggior ragione dopo la proposta del governo all’azienda di ripristino dello scudo fiscale. In risposta ArcelorMittal, dopo aver chiesto l’autorizzazione all’esecutivo a licenziare subito 5000 dipendenti, ha tirato dritto.
Oggi al Mise disperato tentativo di mediazione che appare più un violento addio.