«Non dobbiamo avere paura della bontà, anzi neanche della tenerezza». Lo ha ripetuto due volte Papa Francesco nell’omelia della Messa di inizio Pontificato, ricordando che oggi è la festa di San Giuseppe. Una coincidenza, ha osservato il Pontefice, molto ricca di significato. Nel giorno dell’avvio del ministero petrino, Papa Bergoglio, dopo aver ringraziato il Signore di poter celebrare questa Santa Messa, ha rivolto il suo primo pensiero al vescovo emerito di Roma, Benedetto XVI, che, da Castel Gandolfo, ha seguito ogni momento della celebrazione: «Oggi –ha affermato il Papa- è anche l’onomastico del mio venerato predecessore: gli siamo vicini con la preghiera, piena di affetto e riconoscenza». Dopo aver salutato con affetto i Fratelli Cardinali e Vescovi, i sacerdoti, i diaconi, i religiosi e le religiose e tutti i fedeli laici, il Pontefice ha ringraziato per la loro presenza i Rappresentanti delle altre Chiese e Comunità ecclesiali, come pure i rappresentanti della comunità ebraica e di altre comunità religiose. Poi, i Capi di Stato e di Governo, le Delegazioni ufficiali di tanti Paesi del mondo e il Corpo Diplomatico.
La vocazione del custodire. Papa Francesco, partendo da un passo del Vangelo di Matteo, in cui si dice che «Giuseppe fece come gli aveva ordinato l’Angelo del Signore e prese con sé la sua sposa», ha spiegato come in queste parole sia racchiusa la missione che Dio affida a Giuseppe di essere “custos”, ovvero, custode. Una custodia, ha aggiunto, «che si estende alla Chiesa, esercitata con «discrezione e umiltà, nel silenzio, ma con una presenza costante e una fedeltà totale, anche quando non comprende». Il Pontefice, nella sua omelia, si è soffermato ancora sulla figura di San Giuseppe spiegando come vive «la sua vocazione di custodire Maria, Gesù, e la Chiesa con disponibilità e prontezza». Questa stessa vocazione del custodire, appartiene non solo ai cristiani ma riguarda tutti: «Siate custodi dei doni di Dio», è l’invito di Papa Francesco, «della bellezza del creato, di ogni persona, con amore, specialmente dei bambini, dei vecchi, di coloro che sono più fragili». E se questa responsabilità del custodire viene meno, ha sottolineato Papa Bergoglio, «trova spazio la distruzione e il cuore inaridisce». Da qui scaturisce l’invito del Pontefice a chi occupa un ruolo di responsabilità a non lasciare che «segni di distruzione e di morte accompagnino il cammino di questo nostro mondo. Ma – ha aggiunto – per custodire dobbiamo anche avere cura di noi stessi. Ricordiamo che l’odio, l’invidia, la superbia sporcano la vita».
Il potere di Pietro. Papa Francesco, poi, è entrato nel merito del suo ministero spiegando in cosa consiste il potere che Gesù Cristo ha dato a Pietro. Il Pontefice, nel ricordare la triplice domanda di Gesù a Pietro sull’amore, consegna un messaggio preciso alla Chiesa universale affermando che «il vero potere è il servizio e – ha aggiunto – anche il Papa per esercitare il potere deve entrare sempre più in quel servizio che ha il suo vertice luminoso sulla Croce, aprendo le braccia per custodire tutto il Popolo di Dio e accogliendo con affetto e tenerezza l’intera umanità, specie i più poveri, i più deboli, i più piccoli, chi ha fame e sete, a chi è straniero, nudo, malato, in carcere».
Infine Papa Bergoglio ha tratteggiato il ruolo e il compito del Vicario di Cristo, richiamandosi a quell’esortazione, «Come vorrei una Chiesa povera e per i poveri», pronunciata in occasione dell’incontro con i giornalisti nell’Aula Paolo VI: «Come San Giuseppe – ha detto – così il Papa deve allargare le braccia per custodire tutto il popolo di Dio, partendo dai più poveri».
Alessandro Filippelli