“In Sudan si sta prefigurando un vero e proprio scenario libico di frammentazione”. L’africanista e ricercatrice Ispi Lucia Ragazzi ricostruisce gli sviluppi del conflitto in Sudan e parla della catastrofe umanitaria che sta devastando il Paese.
Qual è la situazione sul campo in questo momento?
“In questo momento le Rfs controllano la maggior parte di Khartoum e il Darfur mentre l’esercito regolare ha maggior controllo del nord del Paese. Si sta prefigurando un vero e proprio scenario libico di frammentazione. Sul campo, inoltre, continuano le violenze, gli scontri, i bombardamenti sulla capitale Karthoum e di pulizia etnica in Darfur. C’è una situazione di guerra attiva”.
Cosa si potrebbe fare e quali sono i rischi per l’Europa?
“Dal 15 aprile da parte della Commissione europea ci sono stati molti tentativi di mediazione, per lo più infruttuosi. L’Europa dovrebbe sicuramente preoccuparsi di avere un ruolo come attore politico anche perché vedere detonare un Paese così grande come il Sudan, potrebbe interessare il nostro continente in termini di ripercussioni migratorie”.
Ci troviamo di fronte a un genocidio?
“Sì. Il Paese sta sprofondando in un’instabilità sempre più pronunciata e in una situazione umanitaria sempre più grave. Si parla di oltre 10.000 vittime e più di 6 milioni di persone hanno dovuto lasciare le proprie case, si tratta della crisi di sfollati più grave al mondo in questo momento. Già prima dell’inizio della guerra un terzo della popolazione sudanese aveva bisogno di aiuti umanitari. Ora ancor di più. Inoltre, c’è la componente delle violenze sul terreno soprattutto nella zona del Darfur. È una catastrofe umanitaria”.
E’ possibile ipotizzare una pace?
“È una domanda difficile. Nel senso che abbiamo davanti agli occhi una soluzione che non si sta risolvendo. L’impressione finora è stata che le parti in causa nel conflitto arrivassero alle negoziazioni solo per prendere tempo, con l’intento di guadagnare terreno sul campo. Un passo in avanti significativo non si è fatto, anzi la situazione si è aggravata nelle ultime settimane. Dobbiamo concludere che per ora non ci sono ipotesi concrete di arrivare alla cessazione del conflitto”.