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"Il rispetto del prossimo
la prima arma per combattere
il revenge porn"

L’Associazione PermessoNegato

"Serve dare più importanza alle vittime"

di Beatrice D'Ascenzi06 Marzo 2023
06 Marzo 2023

PermessoNegato è un associazione no-profit che si occupa di offrire supporto tecnologico e legale alle vittime di pornografia non consensuale. A Lumsanews Gaia Rizzato, socia fondatrice e COO di PermessoNegato e da Edel Beckman, criminologa clinica e socia dell’associazione hanno analizzato il fenomeno della diffusione di materiali intimi non consensuali.

Quando nasce la vostra Associazione e che tipo di supporto fornisce a chi subisce la diffusione non consensuale di materiale intimo?

“PermessoNegato nasce nell’ottobre del 2019. L’obiettivo è fornire supporto tecnologico e legale alle vittime e potenziali vittime. In termini legali queste possono ricevere dei consigli legali telefonici da parte di uno degli avvocati dell’Associazione; da un punto di vista tecnologico, invece, siamo stati la prima Associazione a livello europeo a fornire il servizio di rimozione preventiva, che consiste nel caricamento del materiale intimo che potenzialmente potrebbe essere diffuso tramite le piattaforme social all’interno di un portale dedicato alla creazione di una firma virtuale dei contenuti, volto ad impedirne a priori ogni caricamento. Forniamo inoltre assistenza nella rimozione di contenuti già pubblicati. Tutti i servizi sono rivolti ad entrambi i sessi e totalmente gratuiti per le vittime”.

Come riuscite ad individuare e segnalare questi contenuti, che hanno una diffusione estremamente rapida su internet? 

“L’individuazione avviene solo a seguito della segnalazione da parte dell’utente per contenuti che lo/la riguardano personalmente: con alcune piattaforme (ad esempio Meta) abbiamo dei contatti diretti ai quali chiediamo di rimuovere gli account. Con altre invece (ad esempio alcuni siti pornografici) compiliamo l’apposito modulo di segnalazione e solitamente riceviamo un riscontro in tempi brevi. In qualità di Associazione non profit non siamo titolati, invece, a effettuare attività di ricerca e monitoraggio delle reti, in quanto è un’attività riservata esclusivamente alle Autorità o studi certificati”.

Come mai la veicolazione di questi contenuti è così diffusa in piattaforme come Telegram e che dinamiche si creano nelle chat di questa applicazione? 

“Telegram è una piattaforma molto particolare perché permette di creare dei gruppi con un bacino di utenti molto ampio; inoltre non risponde per policy alla richiesta di rimozione di contenuti sessualmente espliciti condivisi senza il consenso. Teoricamente dovrebbe rispondere solo in caso di gruppi a impronta terroristica o in caso di condivisione di materiale pedopornografico ma purtroppo all’interno di questi gruppi, nati con l’intento di scambiare materiale intimo all’insaputa delle vittime, ci sono moltissime richieste e condivisione di materiali ritraenti minori. 

La diffusione di materiale intimo non consensuale è un fenomeno trasversale o colpisce in particolare specifiche fasce d’età?

“Si tratta purtroppo di un fenomeno che colpisce tutte le fasce d’età e tutte le estrazioni sociali. Abbiamo inoltre notato negli ultimi anni un incremento delle vittime maschili: difatti se il revenge porn può essere considerata come una violenza di genere con oltre il 90% di vittime femminili, nel caso ad esempio del sextortion (condivisione o minaccia di condivisione a scopo estorsivo) in oltre il 95% dei casi la vittima è un uomo”.

Che ruolo svolge la formazione e l’educazione nel contrasto al fenomeno?

“Svolge un ruolo fondamentale. La prima forma di educazione è quella volta al rispetto verso il prossimo e dovrebbe avvenire in ambito familiare e scolastico. A titolo esemplificativo, il “te la sei cercata” a una vittima di revenge porn che si è fidata ad esempio del proprio ex fidanzato e ha condiviso del materiale intimo destinato a rimanere privato, equivale al “te la sei cercata” detto a una vittima di violenza sessuale per come era vestita al momento della violenza”.

Perché il reato è diventato così famoso come “revenge porn”, un termine che da molti viene considerato colpevolizzante nei confronti delle vittime?

“Revenge porn è purtroppo un termine molto utilizzato in quanto più accattivante e ad effetto rispetto a «Condivisione non consensuale di materiale intimo». In realtà però la finalità vendicativa è solo una delle molte ragioni che hanno portato alla condivisione; oltre a questa ci può essere lo scopo estorsivo o la semplice volontà di umiliare la vittima. È raccomandato utilizzare il termine più generico «Condivisione non consensuale di materiale intimo» per due ragioni: innanzitutto perché permette di ricomprendere tutte le diverse casistiche e poi perché permette a tutte le vittime di riconoscersi in quanto tali”.

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