Solo all’arrivo nella sua Govone (paesino in provincia di Cuneo) Domenico Quirico ha capito che era tutto finito. «Finalmente a casa» le prime parole del giornalista, rapito 5 mesi fa in Siria e liberato due giorni fa, al momento dell’abbraccio con le figlie. Quella di ieri è stata una giornata movimentata. Dopo il ritorno in Italia, in piena notte, all’aeroporto di Ciampino, l’incontro a Palazzo Chigi col Premier, Enrico Letta, e il ministro dell’interno, Angelino Alfano; poi verso le 11,30 in Procura, accompagnato dalla moglie e dal direttore de La Stampa, Calabresi, a riferire del suo rapimento ai sostituti procuratori Colaiocco e Scavo. All’epoca del rapimento i pm avevano aperto un fascicolo per il reato di sequestro di persona con finalità di terrorismo; un racconto in cui il giornalista ha riferito di tutte le torture cui è stato sottoposto insieme al suo compagno di prigionia, il professore belga Pierre Piccinin.
Il racconto della prigionia. Rapiti da un commando a bordo di pick-up i due prigionieri furono bendati per i primi giorni. Momenti angoscianti in cui Quirico ha temuto di essere ucciso. Da quel momento iniziarono le privazioni e le vessazioni. Solo un pasto al giorno e una serie di torture tra cui anche due finte esecuzioni a cui Quirico è stato sottoposto sotto gli occhi del suo compagno di prigionia. Poi due tentativi di fuga, entrambi falliti, puniti duramente dai sequestratori.
La polemica con Piccinin. Il racconto dei tentativi di fuga è raccontato dall’altro prigioniero, il professor Piccinin, in un’intervista concessa all’emittente belga, Bel RTL: «Una volta, abbiamo approfittato del momento della preghiera e ci siamo impadroniti di due kalashnikov», poi la fuga per le campagne cercando di riguadagnare la libertà; una fuga interrotta due giorni dopo a cui hanno fatto seguito numerose torture punitive. Ma il racconto del professore non si limita a questo. Nell’intervista racconta anche di una telefonata ascoltata da entrambi i prigionieri da cui si capirebbe che non è stato il Presidente siriano Assad, il colpevole dell’attacco con armi chimiche: «E’ un dovere morale dirlo. Non è il governo di Bashar al-Assad ad avere utilizzato il gas sarin o un altro gas nella periferia di Damasco». Una dichiarazione da cui prende le distanze Domenico Quirico: «non ho alcun elemento che possa confermare questa tesi […] non sono assolutamente in grado di dire se questa conversazione sia basata su fatti reali o sia una chiacchiera per sentito dire».
La situazione in Siria. Dopo l’interrogatorio, Quirico è partito verso casa, in provincia di Cuneo, per riabbracciare le figlie. La situazione in Siria rimane preoccupante, una rivoluzione che negli ultimi tempi si è trasformata allontanandosi, come ha spiegato Quirico ai giornalisti poco dopo il suo arrivo a Roma: «Non è più la rivoluzione laica di Aleppo, è diventata un’altra cosa, molto pericolosa e complessa».
Domenico Cavazzino