Il prossimo 14 ottobre sarà proclamato santo Giovanni Battista Montini conosciuto al mondo come Papa Paolo VI. Difficile riassumere in poche parole la figura del Pontefice che ha segnato la storia del ‘900 e a cui si deve la stagione di riforma che stiamo vivendo oggi. Il suo è stato un Pontificato che ha inciso sulla storia della cristianità in un momento di grande contestazione generazionale.
La battaglia contro il temporalismo
Numerose le riforme e le innovazioni apportate da Paolo VI nelle strutture e nella vita della Chiesa. “Ha svecchiato, sotto molti profili, la Chiesa Cattolica. – spiega in un’intervista rilasciata a LumsaNews lo storico Agostino Giovagnoli – In particolare va ricordata la sua battaglia contro il temporalismo. La Chiesa in cui lui è stato per molti anni, prima ancora di diventare Papa, aveva una mentalità temporalista. Diffusa era l’idea secondo cui la Chiesa doveva controllare e orientare la società. Su questo lui ha combattuto e vinto molte battaglie”.
Montini, il Papa del dialogo
Paolo VI è stato anche ricordato come il Papa del dialogo. Non a caso, come sottolinea lo storico, la sua prima enciclica Ecclesiam Suam è interamente dedicata al dialogo. “Lui era convinto che la Chiesa dovesse dialogare perché solo con il confronto si può creare un rapporto tra la Chiesa cattolica e il mondo moderno”.
Paolo VI, un Papa di transizione
Paolo VI è anche il Papa che ha vissuto prima, durante e dopo il Concilio Vaticano II. “Un Pontefice – spiega Giovagnoli – che è vissuto nella transizione, una transizione in cui, per molti versi, siamo ancora immersi oggi. Fu lui infatti a condurre e portare a termine, nel dicembre del 1965, l’intuizione di Giovanni XXIII. Concludere il Concilio, infatti, rappresentò per lui la prima sfida da affrontare e lo fece con uno stile inclusivo e attento a coinvolgere la minoranza conservatrice”.
Montini tra anni 60 e 70
“Dopo le contestazioni del ’68, negli anni 70 – prosegue lo storico – c’è un Montini diverso, un Montini che si rende conto dell’esistenza di un mondo più ampio. È un Papa che guarda all’incontro con altre culture, è un Papa proiettato altrove e che si pone il problema delle grandi masse povere del mondo.
Un Papa oltre i confini
Secondo Giovagnoli, Paolo VI è quindi passato “dall’orizzonte europeo a quello globale”. “È stato un Papa proiettato oltre i tradizionali confini istituzionali della Chiesa cattolica”. Fu il primo Pontefice del Novecento a varcare i confini italiani. Dopo 2000 anni fece sì che Pietro tornasse in Terra Santa. Viaggiò in Africa, America, Oceania e Australia, Asia, fin quasi alle porte della Cina. Fu il primo Pontefice a tenere un discorso alle Nazioni Unite con quel “Mai più la guerra” che molti ricordano.
Il rapporto con Aldo Moro
Pensando a Paolo VI non si può non ricordare il suo impegno al servizio della Fuci, cui era molto legato e attraverso cui si esprimeva quell’identità di prete e di formatore che aveva scelto come suo profilo principale, al di là del lavoro in Curia. Un impegno che lo portò vicino agli ambienti universitari e anche alla figura di Aldo Moro. “Quello con Moro – spiega Giovagnoli – fu rapporto di lungo periodo. C’era una grande sintonia soprattutto sui temi di politica internazionale. Un intendersi a distanza. Una convergenza sui grandi disegni”.