80 cardinali, 15 padri conciliari, 8 patriarchi delle chiese orientali, 191 arcivescovi e vescovi sinodali e 104 presidenti di conferenze episcopali di tutto il mondo, per un totale di circa 400 concelebranti. È così che Papa Benedetto XVI, con la Messa di questa mattina in Piazza San Pietro, ha ufficialmente aperto l’Anno della Fede. Alle 10 ha fatto ingresso, in una piazza gremita di fedeli, la processione di casule verdi che ha voluto richiamare quella memorabile dei padri conciliari in occasione dell’apertura del Concilio Vaticano II, proprio l’11 ottobre del 1962.
Dopo l’arrivo di Benedetto XVI in papamobile tra la folla festosa ed emozionata, si è subito creato un clima di silenzio e raccoglimento per l’inizio della celebrazione con l’intronizzazione della Parola di Dio. L’evangelario utilizzato è stato lo stesso che era collocato, durante le assise ecumeniche, vicino a Giovanni XXIII prima e Paolo VI poi, i due papi del Concilio.
«Questi segni non ci fanno solo ricordare, ma ci offrono anche la prospettiva per andare oltre la commemorazione», ha precisato il Papa durante l’omelia.
La solennità e la carica fortemente simbolica della celebrazione, hanno lasciato comunque trasparire la commozione e la gioia del Papa nel presiedere un momento che segna una tappa fondamentale della vita della Chiesa.
Giovanni XXIII, nel suo storico discorso di apertura del Vaticano II, Gaudet Mater Ecclesia, definì con precisione lo scopo del Concilio. «Questo massimamente riguarda il Concilio Ecumenico, – disse il Pontefice – che il sacro deposito della dottrina cristiana sia custodito e insegnato in forma più efficace. È necessario che questa dottrina certa ed immutabile, che deve essere fedelmente rispettata, sia approfondita e presentata in modo che risponda alle esigenze del nostro tempo».
Benedetto XVI: «La Chiesa è unita a Cristo come il corpo al capo». Anche Benedetto XVI ha spiegato le motivazione per le quali la Chiesa ha proposto l’Anno della Fede e la nuova evangelizzazione: «non per onorare una ricorrenza, ma perché ce n’è bisogno ancor più che 50 anni fa», a causa della «desertificazione spirituale» del nostro tempo che è un tempo senza Dio. Ma è proprio nel deserto che si scopre l’importanza dell’essenziale ed è quindi da «questo vuoto che possiamo nuovamente scoprire la gioia di credere, la sua importanza vitale per noi uomini e donne», ha continuato il Papa. E per questo ha invitato la Chiesa tutta, dai fedeli alle cariche più alte della gerarchia, a recuperare quella «positiva tensione», quell’«anelito ad annunciare Cristo» che è «il vero soggetto dell’evangelizzazione». Ma affinché questa spinta interiore alla nuova evangelizzazione non rimanga soltanto ideale «occorre – ha insistito Papa Benedetto – che essa si appoggi ad una base concreta e precisa, e questa base sono i documenti del Concilio Vaticano II, nei quali essa ha trovato espressione» e che sono «la vera eredità», poiché in essi è possibile cogliere «la novità nella continuità».
Il Concilio affida a ciascuno il «compito di far risplendere la verità e la bellezza della fede nell’oggi del nostro tempo, senza sacrificarla alle esigenze del presente né tenerla legata al passato», perché Dio trascende il tempo e tuttavia può essere accolto solo nel nostro irripetibile presente.
Consegna dei messaggi all’umanità. A conclusione della Messa, Bartolomeo I, patriarca di Costantinopoli, rivolgendosi cordialmente a Benedetto XVI con l’espressione “diletto fratello”, ha sottolineato l’importanza del Concilio nella prospettiva della diffusione del Vangelo, definendolo “pietra miliare” per tutti i cristiani.
Infine un ulteriore gesto significativo: la consegna dei messaggi del Concilio Vaticano II all’umanità (governati, uomini di scienza e di pensiero, artisti, donne, lavoratori, poveri, ammalati e sofferenti, giovani) e il Catechismo della Chiesa Cattolica.
Francesca Polacco