ROMA – Serve un intervento drastico per segnare una svolta netta. Questa l’opinione del ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, che ha riferito questa mattina in un’informativa al Senato sul futuro dell’ex Ilva di Taranto, il più grande polo siderurgico d’Europa. “Nessuno degli impegni presi è stato mantenuto in merito ai livelli occupazionali e al rilancio industriale – ha detto Urso -. In questi anni la produzione si è progressivamente ridotta in spregio agli accordi sottoscritti”. L’impianto, infatti, è in grave crisi. Nel 2023 la produzione si è attestata a meno di 3 milioni di tonnellate – così come nel 2022 – quindi sotto l’obiettivo minimo, che sarebbe dovuto essere di 4 milioni (salito quest’anno a 5). L’obiettivo adesso è “ricostruire una fabbrica competitiva sul fronte della sostenibilità e della competitività tecnologica”, ha sottolineato Urso.
Il ministro ha ripercorso la storia recente dello stabilimento. Nel 2020 il governo Conte 2 avviò una trattativa con gli investitori franco-indiani da cui nacque Acciaierie d’Italia con l’ingresso di Invitalia al 38% e con la firma di patti parasociali sbilanciati a favore del soggetto privato. “Nessuno che abbia conoscenze delle dinamiche industriali avrebbe accettato mai quelle condizioni – ha commentato Urso -. La governance era di fatto rimasta nelle mani del socio privato che nel frattempo però deconsolidava l’asset, a dimostrazione del proprio disimpegno, richiamando i propri tecnici e non immettendo più alcuna risorsa nell’azienda”.
Urso ha fatto presente che anche nell’ipotesi di una salita in maggioranza del socio pubblico, Invitalia non avrebbe comunque potuto designare un amministratore di propria fiducia. L’unica possibilità concessa era quella di cedere non oltre il 9% ad un socio finanziario non operativo sull’acciaio e comunque con diritto di prelazione in capo a Mittal. In questa situazione, il ministro ha riferito che il governo si è mosso “sin dall’inizio per cercare di recuperare allo Stato margini di azione e nel contempo tentare di invertire la rotta del declino produttivo”.
Per Urso “ArcelorMittal si è dichiarata disponibile a scendere in minoranza ma non a contribuire finanziariamente in ragione della propria quota, scaricando l’intero onere finanziario sullo Stato ma, allo stesso tempo, reclamando il privilegio concesso nei patti originali tra gli azionisti quando nacque Acciaierie d’Italia”. La mossa è stata definita “inaccettabile” e quindi il ministero ha “dato mandato ad Invitalia e al suo team di legali di esplorare ogni possibile conseguente soluzione”.
L’intenzione del governo è sviluppare un piano siderurgico nazionale costruito su quattro poli complementari attraverso un progressivo rinnovamento, modernizzazione e specializzazione degli impianti esistenti a Taranto, Terni, Piombino e nelle acciaierie del Nord Italia. Per Urso, in particolare Taranto dovrà riaffermare il ruolo di campione industriale, con una filiera produttiva che si occupi dell’intero ciclo, dal minerale al prodotto finito.
Giovedì alle 19 si terrà l’incontro tra governo e sindacati a Palazzo Chigi per decidere le sorti della fabbrica. Se non si troverà l’accordo, una delle ipotesi sul tavolo è l’amministrazione straordinaria.