“Uno studio elaborato per capire come intervenire per affrontare una eventuale emergenza”. Così il ministro della Salute Roberto Speranza ha provato a chiarire le indiscrezioni del Corriere della Sera, secondo cui il governo già da gennaio aveva preparato un piano di azione per contenere la diffusione del coronavirus, basandosi su report di esperti, talmente allarmanti da non diffonderne i contenuti per non generare panico nella popolazione.
Speranza ha anche specificato che gli studi del comitato tecnico-scientifico “risalgono in realtà al 12 febbraio e, partendo da quel contenuto, il governo ha pianificato le misure e preso i provvedimenti a partire dal 21 febbraio”, ovvero da quando sono stati scoperti i primi focolai epidemici italiani.
E’ intervenuto sulla vicenda anche il ministro della Difesa Lorenzo Guerini: “Non farei un romanzo di questa questione. Sono stati simulati degli scenari sui quali poi si è costruita l’intelaiatura delle decisioni del governo che hanno portato a decisioni pesanti come l’istituzione della prima zona rossa”.
Non si tratta quindi di un piano segreto, ipotesi da spy-story che aveva già acceso molte fantasie, ma il contenuto della notizia non viene smentito nella sostanza. Secondo le ricostruzioni del Corriere, i tecnici e gli scienziati incaricati a fine gennaio dalla task-force governativa sul coronavirus, avevano elaborato diverse proiezioni basandosi sui modelli matematici dei contagi allora in atto a Wuhan.
Degli scenari elaborati, il terzo era quello più drammatico: senza fermare i motori dell’economia, isolare le zone rosse e chiudere in casa le persone, nel nostro Paese i morti sarebbero stati tra i 600mila e gli 800mila. Nel report veniva anche messo in evidenza come le pressioni sul Sistema Sanitario nazionale sarebbero state enormi per la necessità di un numero elevato di posti letto e terapie intensive.
La scelta di non comunicare il contenuto è dunque stata dettata dalla volontà di non scatenare panico incontrollabile, basandosi semplicemente su uno studio probabilistico, ma da quando l’emergenza è diventata concreta il governo ha basato molte delle sue decisioni proprio su quello studio.