A distanza di cento anni dal massacro nel quale persero la vita circa un milione e mezzo di cristiani armeni, uccisi dai Giovani Turchi, Papa Francesco dedica la messa domenicale al ricordo del “martirio”. Lo definisce “il primo genocidio del XX secolo” il Pontefice durante l’Angelus, appropriandosi delle parole che furono di Giovanni Paolo II. Che si sia trattata di una svista o una scelta voluta, l’uso di questa terminologia ha suscitato le immediate reazioni della Turchia. Da sempre Ankara, infatti, ha rifiutato di definire “genocidio” l’eccidio di massa armeno, così come invece è stato riconosciuto da oltre venti Paesi, tra cui anche l’Italia.
Con Francesco, tuttavia, per la prima volta è stata fatta da un Papa questa attribuzione in pubblico e la risposta della Turchia non si è fatta attendere: Erdogan ha immediatamente richiamato il suo ambasciatore in Vaticano, il nunzio apostolico Antonio Lucibello.
Le definisce parole “senza fondamento” e “lontane dalla realtà storica” il ministro degli Esteri turco, Mevlut Cavusoglu, che affida a Twitter il suo pensiero in proposito: “I leader religiosi non devono alimentare le tensioni e l’odio con affermazioni infondate”. Una posizione netta quella di Ankara, mai cambiata nel tempo, nonostante un anno fa il presidente Erdogan abbia rivolto per la prima volta le “condoglianze” da parte della Turchia ai discendenti delle vittime del massacro.
La parola “genocidio” è ricorsa più volte domenica nel discorso del Papa: “Anche oggi stiamo vivendo una sorta di genocidio causato dall’indifferenza generale e collettiva, dal silenzio complice di Caino che esclama: ‘A me che importa?’; ‘Sono forse io il custode di mio fratello?’”, ha detto il Pontefice. E ancora: “In diverse occasioni ho definito questo tempo un tempo di guerra, una terza guerra mondiale ‘a pezzi’, in cui assistiamo quotidianamente a crimini efferati, a massacri sanguinosi e alla follia della distruzione”.
Rivolgendosi agli armeni ha poi auspicato una pace fra il loro popolo e quello turco: “Si tratta di popoli che, in passato, nonostante contrasti e tensioni, hanno vissuto lunghi periodi di pacifica convivenza, e persino nel turbine delle violenze hanno visto casi di solidarietà e di aiuto reciproco. Solo con questo spirito le nuove generazioni possono aprirsi a un futuro migliore e il sacrificio di molti può diventare seme di giustizia e di pace”.
Nonostante l’intento pacificatore altissima adesso è la tensione fra Santa Sede e Turchia, anche se solo pochi mesi sono trascorsi da quando, nel novembre 2014, Papa Francesco si è recato a Instanbul e Ankara. Una visita delicata, che si era conclusa positivamente.
Silvia Renda