C’è chi ha deciso di optare per lo smart working (telelavoro nella nostra lingua), chi di dimezzare i turni per far sì che sul posto di lavoro ci sia meno affollamento, chi invece – almeno fino al tre aprile – di abbassare temporaneamente le serrande. Gli imprenditori e i titolari di attività hanno optato per l’adozione di misure più o meno drastiche per tutelare la propria salute e quella dei loro dipendenti. Tra loro, c’è anche chi ha chiesto ai propri subordinati di prendersi le ferie ora – e non magari quest’estate – oppure un congedo di tre settimane. “Il datore di lavoro deve garantire le misure di sicurezza indicate nel Decreto”, dice a Lumsanews l’avvocato del lavoro Silvio Pascucci.
Come può fare?
“Dovrebbe dotare i propri dipendenti degli strumenti utili per lo smart working, come pc e dispositivi informatici. Alcune pubbliche amministrazioni e privati lo stanno facendo, altri no. Nel caso in cui non possa farlo – o perché la tipologia di lavoro non lo permette o perché non in grado di assicurare questi mezzi ai propri lavoratori – dovrebbe assicurare che tutti sul posto di lavoro adoperino le misure di sicurezza previste dal decreto, come mascherine, guanti e distanza minima tra le persone. In caso contrario, dovrebbe temporaneamente chiudere la propria attività”.
C’è anche qualcuno che sta chiedendo loro di prendersi le ferie o un periodo di congedo. Non è un’azione forzata nei confronti del dipendente?
“Sì, in un altro contesto sarebbe stato grave. Però se il datore di lavoro non è in grado di garantire lo smart working e le misure di sicurezza, è obbligato a chiudere. Quindi sì, una misura forzata, perché non si può obbligare il dipendente a fare le ferie quando vuole il titolare, ma questa è una situazione particolare”.
Ci sono poi anche persone, come i lavoratori a tempo determinato o i collaboratori in partita Iva, che rischiano di perdere il lavoro.
“Infatti il governo sta valutando di varare delle norme in sostegno proprio di questa categoria. Ma dobbiamo aspettare ancora alcuni giorni per capire di cosa si tratterà”.
E poi ci sono i lavoratori cosiddetti a nero, o chi con i “lavoretti” tira avanti.
“Certo, ma il lavoro in nero – utopisticamente – non dovrebbe esistere”.
Se un dipendente contrae il virus sul posto di lavoro, magari perché il suo titolare ha deciso di lasciare aperta l’attività, cosa può fare? È responsabilità del datore di lavoro?
“Nel caso in cui non abbia fatto rispettare gli obblighi sì. Ma credo che non sia poi facile dimostrare la responsabilità del titolare, perché è un virus che può essere preso ovunque. Ma è necessario ricordare ai datori di lavoro che se non si è in grado di far rispettare le norme previste, bisogna chiudere”.