Oggi è il giorno di Viktor Orban: l’Europarlamento voterà le sanzioni contro l’Ungheria e lo farà alla luce del discorso di Jean-Claude Juncker sullo stato dell’Unione. “Bisogna costruire un’Europa più unita e più forte, che sia un continente di apertura e tolleranza – ha detto il presidente della Commissione Europea -. L’articolo 7 va applicato laddove lo stato di diritto sia in pericolo”. Ma ancor prima, il Ppe, Partito popolare europeo, di cui lo stesso Orban fa parte, dopo aver ascoltato il discorso del leader ungherese, ha ribadito che voterà “secondo coscienza”, e il suo capogruppo Manfred Weber ha già annunciato il suo “sì” alle sanzioni.
Nonostante questo, per far partire l’applicazione dell’articolo 7 dovranno votare a favore i due terzi dei votanti. I socialisti e liberali sono schierati per il via libera alle misure punitive, il gruppo dei sovranisti ed euroscettici, di cui fa parte la Lega di Matteo Salvini, voterà contro. A fare la differenza, quindi, sarà proprio il Partito popolare.
Il “one man show” di Orban ieri a Strasburgo è stata una vera dichiarazione di guerra all’Unione Europea, che non tutti i membri hanno gradito. Lo stesso capogruppo Weber sperava in un’apertura al compromesso e al dialogo, che di fatto non c’è stata. Anzi, il primo ministro ungherese non si è mosso di un millimetro. “Non accetterò il ricatto che ci presentate – ha detto ieri a Strasburgo – Voi volete umiliare la nostra nazione, ma qualunque cosa deciderete, noi proteggeremo i nostri confini e faremo valere i nostri diritti, se necessario contro di voi”.
Ma se in Europa si teme una rottura, in Italia si celebra una ritrovata unione. Silvio Berlusconi in una telefonata ha confermato il suo appoggio al leader ungherese. Non semplice amicizia, ma una mossa politica che potrebbe riavvicinarlo a Matteo Salvini, da sempre schierato contro le sanzioni, approfittando del fatto che il Movimento 5 stelle voterà a favore dell’applicazione dell’articolo 7 all’Ungheria.