La nostra quotidianità è cambiata radicalmente, dobbiamo stare a distanza. Vicini 1 metro è un progetto video nato pochi giorni fa da tre ragazzi romani, Federico Nardone, Gianmarco Picchi e Gianluca Lasarcina, per raccontare la quarantena dagli italiani agli italiani. L’idea è quella di documentare con gli smartphone questo periodo di auto-isolamento per raccogliere fondi da destinare a chi combatte questa battaglia contro il Coronavirus. Tutti i proventi verranno devoluti, tramite Margherone Fa Cose Onlus, agli ospedali Sacco di Milano, Spallanzani di Roma e Cardarelli di Napoli.
Ogni persona può pubblicare il proprio video sul sito Vicini1metro.it. Scene girate con il cellulare che ritraggono situazioni quotidiane. “Da come provi a seguire le lezioni a distanza a come sperimenti nuove ricette online – si legge sul sito – una fila al supermercato a 1 m di distanza, una videochat con gli amici, una giornata di lavoro sempre con le cuffie, il ritorno a casa di una persona a te cara guarita o un canzone fuori dalla finestra”.
Abbiamo incontrato il presidente di Margherone Fa Cose Onlus, Federico Nardone, che ci ha raccontato il progetto.
Federico, come è nata la vostra idea?
“Da una chiacchierata tra me, Gianluca Lasarcina e Gianmarco Picchi, web designer che lavorano nell’ambito della produzione cinematografica. Vogliamo unire chi è distante. Il Coranavirus, la quarantena e l’isolamento ci hanno costretto ad andare contro quello che è più naturale. Dobbiamo stare lontani “almeno un metro” anche tra parenti e con chi si conosce da sempre. Non è possibile nemmeno toccare se stessi: gli occhi, il naso, la bocca. Ma, nonostante i limiti di lontananza, la nostra epoca storica ci permette di condividere la nostra quotidianità in altro modo, grazie alla tecnologia”.
I social network permettono l’accesso a un mondo che per ora ci è negato?
“Esattamente. Per esempio tramite l’app più in voga in questo momento, House Party, è possibile incontrare e riunire amici e parenti. Non c’è contatto fisico ma c’è la stessa interazione sociale”.
Il vostro docufilm sarà girato con gli smartphone?
“Sì, perché ognuno si racconta attraverso i social network. Per esempio, sulle stories di Instagram mostriamo una parte della nostra quotidianità. Solamente che questa narrazione dura 15 secondi e rimane online per 24 ore. L’intento è raccogliere i post e i minuti di vita trascorsa e farli durare nel tempo”.
Il ricavato sarà interamente devoluto agli ospedali che combattono il Coronavirus?
“I proventi saranno destinati agli ospedali Sacco di Milano, Spallanzani di Roma e Cardarelli di Napoli”.
Che cosa emergerà da questo racconto collettivo?
“Noi tre ragazzi siamo persone estremamente vitali e ottimisti. Nonostante la gravità e la serietà della situazione, pensiamo che quando tutto sarà finito, ci guarderemo indietro e saremo fieri della nostra resilienza e tenacia. Potremmo comprendere quanto valore c’è nei piccoli gesti quotidiani. Da affacciarci al balcone e vedere persone che cantano insieme alla videochiamata con i propri amici, dal fare la spesa per una persona anziana alla condivisione in famiglia. Questa esperienza ci aiuta a ricordarci quanto è bella la vita”.