Polemiche tra Grillo e il Partito Democratico per un disegno di legge a firma Finocchiaro-Zanda presentato al Senato, che se approvato negherebbe la possibilità di partecipare alle elezioni politiche per soggetti senza personalità giuridica e senza statuto pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale. Dietro questa formulazione, il M5S non riesce a vedere altri che sé stesso e accusa il Pd di un tentativo antidemocratico di delegittimare il movimento. I democratici rispondono che il tentativo mira a tutelare la democrazia e la rappresentatività interna dei partiti, portandoli ad affidarsi a meccanismi collaudati e trasparenti. La battaglia del Pd contro i movimenti non registrati era stata avviata già nel corso dell’ultima legislatura dall’ex segretario Pier Luigi Bersani, che aveva presentato una proposta simile nella commissione Affari Costituzionali. Il disegno, se diventasse legge, come è facile immaginare potrebbe avere conseguenze importanti sull’attuale sistema politico italiano. Il M5S di Beppe Grillo, la vera sorpresa dell’ultimo voto e terza forza politica del Paese, sarebbe tra le prime vittime della proposta Zanda-Finocchiaro e, senza una riforma interna, non potrebbe presentarsi alle prossime elezioni.
“Noi resteremo un non-partito”. Dura la replica di Grillo sul suo blog: “Se questa legge passa non ci presenteremo alle prossime elezioni. ‘Il Movimento 5 Stelle non è un partito, non intende diventarlo e non può essere costretto a farlo. Se la legge anti Movimento di Finocchiaro e Zanda sarà approvata in Parlamento il M5S NON si presenterà alle prossime elezioni”. E lancia l’hashtag: #nonsiamounpartito. Lo scopo, spiegano da Via del Nazareno, è quello di una riforma più ampia dei partiti politici per evitare che si ripetano in futuro scandali come i casi Lusi o Belsito. Se infatti i due tesorieri erano riusciti a sottrarre fondi rispettivamente alla Margherita e alla Lega era stato possibile proprio grazie alla scarsa trasparenza nei bilanci dei partiti. Tuttavia queste norme, se approvate, creerebbero evidenti problemi al Movimento 5 stelle, che all’articolo 1 del suo ‘non-statuto’ si definisce una “non associazione” con una sede virtuale che coincide con l’indirizzo web del blog di Grillo. Il comico genovese, tra l’altro, è l’unico titolare dei diritti d’uso del simbolo M5s: con le nuove disposizioni si darebbe potere di decisione anche agli altri ‘soci’.
L’ineleggibilità di Berlusconi. “Pensino alla eleggibilità del Caimano” replicano dal M5S. Infatti l’altra questione che sta animando il dibattito interno ai democratici è la pronuncia della Giunta per le immunità del Senato sulla eleggibilità o meno di Silvio Berlusconi alla carica di senatore a vita. La questione per il Pd è spinosa e potrebbe segnare un momento di profonda rottura o con l’avversario – alleato Pdl, pronto alle barricate in caso di ineleggibilità, o con la Base più di sinistra che mal digerirebbe il salavataggio del Cav da parte del Pd. Il partito inoltre è diviso al suo interno tra chi, come il capogruppo al Senato Zanda, è convinto che Berlusconi non possa essere eletto in virtù della suo legame con l’azienda Mediaset, beneficiaria di concessione pubblica, e chi invece vorrebbe evitare di far esplodere la tensione con il Pdl approvando una norma che metterebbe fuori gioco il leader del partito alleato di governo. La legge che, almeno stando alle interpretazioni più stringenti, dovrebbe condannare Berlusconi alla ineleggibilità è la n.361 del 1957, che all’articolo 10 stabilisce l’ineleggibilità di «coloro che in proprio o in qualità di rappresentanti legali di società o di imprese private risultino vincolati con lo Stato per concessioni o autorizzazioni amministrative di notevole entità economica». Mediaset trasmette su frequenze radio date in concessione a una società quotata in Borsa di cui la Fininvest della famiglia Berlusconi possiede il 38%. Il Cavaliere ne è dunque proprietario di fatto, ma da almeno vent’anni.