Quando i rossoblu fecero la storia giocavano in maglia bianca. Perché oltre ai 21 gol del capocannoniere Riva, a una difesa che subì solamente 11 reti (in 30 giornate, un record che ancora resiste), alla fantasia di Nenè in mezzo al campo e alle spazzate di Cera, forse fu anche la scaramanzia di Manlio Scopigno, il “filosofo” alla guida di quella squadra che ha fatto la storia del calcio e dell’Italia, a far vincere lo scudetto al Cagliari cinquant’anni fa.
“Diceva che sul campo verde vestiti di bianco era più facile trovare i compagni. Ma forse la verità è che vincemmo una partita in bianco e lui non volle cambiare più”, ha raccontato Adriano Reginato, secondo portiere degli isolani nella stagione del trionfo. Che fu molto di più di un semplice successo sportivo: “Lo scudetto del Cagliari rappresentò il vero ingresso della Sardegna in Italia. Fu l’evento che sancì l’inserimento definitivo della Sardegna nella storia del costume italiano”, scrisse Gianni Brera.
Quella squadra di “banditi e pastori”, come veniva accolta al Nord, fu la prima a portare il tricolore sotto l’Arno: nel dopoguerra infatti solo la Fiorentina, per due volte, e una proprio l’anno prima della vittoria degli isolani, era riuscita a rompere il monopolio di Milan e Inter, Torino e Juventus.
Solo due sconfitte in stagione: una con il Bari, per 1-0, il 14 dicembre, due giorni dopo la strage di Piazza Fontana. E una a Milano, contro i nerazzurri, sempre per 1-0, il 15 febbraio, nel bel mezzo della cavalcata scudetto. Uno stop poco influente nel testa a testa dei rossoblu con la Juventus, spuntato con due giornate di anticipo, il 12 aprile 1970, grazie alla vittoria per 2-0 in casa contro il Bari. “Il mio giorno più bello”, lo definisce ancora oggi il bomber e il simbolo di quella squadra, Gigi Riva, “Rombo di tuono”. Il giorno in cui i rossoblu entrarono nella storia, giocando in maglia bianca.