“Dove sono le donne?”: questa la domanda che si sono poste le tre comunicatrici Emily Bell, Lucy Marcus e Jo Webster durante l’omonimo incontro tenutosi ieri, 2 maggio, al Festival Internazionale del Giornalismo di Perugia (IJF).
Tutte e tre le donne ricoprono ruoli di direttore e/o amministratore nelle aziende per cui lavorano, ma si rendono conto di essere delle privilegiate. Molte donne ancora oggi, in tutti i paesi più evoluti, guadagnano meno degli uomini per svolgere il loro stesso lavoro e vengono discriminate a causa della convinzione che una gravidanza potrebbe tenerle lontane dagli uffici. La realtà è ben diversa, spiegano le relatrici, poiché la maggior parte di queste donne sente la necessità di tornare a lavorare il prima possibile, specie quelle che ricoprono delle posizioni importanti, proprio perché avvertono la responsabilità del loro ruolo.
Altra falsa credenza è quella che vuole le donne-manager come vere e proprie minacce per la stabilità della famiglia: se entrambi i genitori lavorano a tempo pieno chi si occupa di crescere i figli nel migliore dei modi, trasmettendo loro i giusti valori? Anche in questo caso, si tratta di pregiudizi infondati perché chiunque conosca una mamma lavoratrice sa quanto multitasking possa essere una donna. Lucy Marcus, CEO del Marcus Venture Consulting, è convinta che tutto stia nel trovare un equilibrio all’interno della coppia e della famiglia: “Io rispetto il lavoro di mio marito e lui rispetta il mio, quindi quando qualcuno ha un impegno, l’altro cerca di venirgli incontro, anche se ciò richiede sacrificio. Questo è il segreto di una mamma con una posizione importante”.
Jo Webster, direttrice di Reuters Digital Video, sottolinea l’importanza di rendere i giovani consapevoli della situazione perché si alimenti in loro la voglia di cambiamento. La discriminazione di genere cesserà soltanto nel momento in cui la donna non sarà più considerata un problema, ma una risorsa; soltanto nel momento in cui si capirà che assumere le donne vorrà dire arricchirsi di una cultura diversa e specifica, di punto di vista diverso.
Fino ad allora ben vengano trovate come le quote rose, un sistema che, seppur insufficiente e fin troppo schematico, rappresenta un buono modo per muovere le cose. Le tre speaker erano d’accordo nel credere che non esista solo il bianco o il nero e che abbia poco senso scegliere un numero fisso di donne da assumere poiché lo scopo è scegliere il personale in base alla validità, non al sesso, ma iniziare con dei numeri imposti è in ogni caso un punto di partenza per sensibilizzare i dipendenti e i capi.
Non stupisce quindi la volontà di Emily Bell, Lucy Marcus e Jo Webster di appellarsi al mondo dei giornali: è necessario informare sulle problematiche che le donne ancora affrontano al giorno d’oggi e parlare il più possibile di ciò che non va e di ciò che si potrebbe fare per migliorare è il primo passo da compiere. “Ognuno deve provare ad essere il cambiamento che vuole vedere.”: dice lo slogan dell’incontro. Il giornalismo può fare tanto: dall’utilizzo di una diversa struttura linguistica che valorizzi il ruolo della donna (l’uso del passimo anziché del verbo attivo) fino a una maggiore diffusione di informazioni.
Corinna Spirito