Sconfiggere la morte. Il più antico desiderio dell’uomo di essere eterno finisce nelle aule dei tribunali e trova nuova materia di cui alimentarsi.
Con una decisione storica, il giudice della Corte Suprema di Londra ha autorizzato la richiesta di criocongelazione da parte di una ragazza quattordicenne, malata terminale di cancro. La giovane ha ottenuto il permesso di essere ibernata, anziché seppellita, nella speranza in un giorno lontano di poter essere prima “risvegliata” e poi guarita.
Il suo corpo è stato congelato attraverso il processo di criogenesi, che deve essere effettuato entro un’ora dal decesso. Subito dopo è stato portato negli Stati Uniti: Oltreoceano è presente l’unica società al mondo che effettua, dietro pagamento, la cura e la conservazione dei cadaveri ibernati. L’aspettativa della ragazza è quella di essere resuscitata con tecniche oggi fantascientifiche, in un mondo tecnologicamente più avanzato in cui, si ipotizza, ci sarà la garanzia dell’immortalità.
Abbiamo chiesto alla dottoressa Sebastiana Pappalardo, biologa e genetista di fama internazionale, direttrice del centro di genetica “Biogen” di Roma, quali sono i fondamenti scientifici del processo crioconservativo, ma anche un giudizio sui risvolti etici della questione. “E’ scientificamente possibile conservare i tessuti – spiega – ma finora non c’è nessuna evidenza che sia verosimile poter conservare un intero corpo”. E chiarisce: “Fino a oggi non abbiamo mai assistito a nessun tipo di scongelamento di esseri umani, né si ha notizia che esperimenti su animali in tal senso abbiano avuto alcun successo. Parliamo quindi di pure ipotesi. Dal punto di vista della scienza, non sappiamo a cosa andrà incontro quel corpo”.
Negli Usa, dietro al processo di ibernazione, c’è un giro di affari miliardario: il desiderio di raggiungere l’immortalità alimenta il business della criogenesi dei ricchi facoltosi americani. “Dietro a questa pratica basata su principi puramente ipotetici, dal punto di vista della realizzabilità, c’è un problema etico enorme” sottolinea Pappalardo. Se tra cento anni immaginassimo un futuro in cui si possa effettivamente realizzare lo scongelamento delle salme, “a cosa andrebbero incontro le persone private dei loro parenti, dei loro affetti e della loro identità?”, conclude.
Maurizio Calipari, bioeticista del centro Scienza e Vita, riflette: “Questa società americana che gestisce l’ibernazione mette in pratica un’attività fittizia: alimenta speranze enormi che non hanno però risvolti concreti. Dietro la holding ci sono gruppi e ambienti altolocati che propugnano l’ibernazione come filosofia di vita, con alla base l’idea che il futuro sarà necessariamente migliore”.