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HomeCronaca I tirocini abilitanti di medicina ai tempi del Coronavirus: “Molta teoria, poca pratica”

Covid, i tirocini a distanza
per i laureandi di medicina
"Molta teoria, poca pratica"

L'esperienza inedita di quattro studenti

"Guardiamo al pc operazioni registrate"

di Mariacristina Ponti18 Maggio 2020
18 Maggio 2020

Da un giorno all’altro, la vita di tutti è cambiata. Il Coronavirus ci ha costretti a mettere in discussione tante nostre certezze, ponendoci davanti a diversi imprevisti. Anche gli studenti ne sanno qualcosa. Da quando, il 4 marzo scorso, il governo ha deciso di chiudere le scuole e le Università, si sono dovuti adattare a un nuovo modo di seguire le lezioni, dare gli esami, laurearsi. Alcuni hanno addirittura iniziato a svolgere tirocini a distanza. E no, non è una contraddizione in termini. È il caso soprattutto degli studenti di medicina dell’ultimo anno. Come dal decreto Fedeli del 2018, tutti i laureandi, da quest’anno accademico in poi, devono aver superato il test del tirocinio pre-abilitante – ora è diventato abilitante grazie al decreto Cura Italia, che dà la possibilità a tutti i laureati in Medicina di diventare automaticamente medici senza passare per l’esame di Stato – per potersi laureare. Un tirocinio obbligatorio suddiviso in tre moduli, da 100 ore ciascuno, per un totale di 15 crediti formativi: una parte riguarda l’area chirurgica, una quella medica mentre la terza riguarda la medicina generale.

A marzo erano in molti a non aver completato il percorso: se però in un primo momento il decreto ha dato la possibilità ai tirocinanti delle professioni sanitarie di continuare a frequentare reparti e pronto soccorso, dopo qualche settimana si è deciso di chiudere loro le porte. Delegando poi la gestione ai vari atenei: c’è chi ha deciso di iniziare subito con il tirocinio online, chi invece ha aspettato che arrivassero delle comunicazioni dal governo. Cosa effettivamente poi avvenuta: assieme all’annuncio della fase due per il 4 maggio, il presidente del Consiglio Conte, insieme agli uomini della task force, ha deciso di attivare i tirocini/stage anche non in presenza.

Qui Cagliari. Sara, una studentessa della facoltà di Medicina di Cagliari, racconta di aver iniziato il tele-tirocinio lunedì 4 maggio: “Dobbiamo fare due settimane di medicina interna e altre due settimane di chirurgia. Ci incontriamo due volte nell’arco della giornata: dalle 8 alle 10 del mattino, dalle 18 alle 19 il pomeriggio”, così, lavorando anche quando non sono online, i laureandi riescono a raggiungere le 100 ore di tirocinio previste.

Come funziona, però, nel concreto, dato che non possono stare effettivamente a contatto con i pazienti? “Lunedì si è presentato il tutor di ematologia e, in dieci minuti, ci ha presentato i casi clinici. Durante la giornata, a coppie, abbiamo realizzato una presentazione, che abbiamo mostrato al docente nelle ore pomeridiane, e così via”. Non verrà eseguito alcun test alla fine di ogni blocco, per poter avere il risultato positivo è sufficiente che mandino le presentazioni, giorno dopo giorno. Per quanto riguarda l’utilità di un tirocinio svolto così, Sara non ha dubbi: “Questo è il nostro sesto anno di medicina e stiamo continuando a fare teoria, queste cose le abbiamo già studiate, a noi serviva fare la pratica, cosa faccio se arriva un paziente che vomita da tre giorni – conclude – lo vado a controllare sul libro?”. È chiaro, però, che se è l’unico modo per poter arrivare alla laurea, si deve fare.

Bologna. Dello stesso parere anche Paolo, studente a Bologna: “I tirocini in presenza ora sarebbero stati troppo pericolosi e i tele-tirocini si sono resi necessari perché non si sanno quando verranno ripresi quelli in presenza. E potrebbe essere un tempo molto lungo, più lungo di altre attività che hanno esposizione e rischio minore”. Per Paolo, il tirocinio a distanza è quasi necessario, “anche perché sono state programmate le lauree: non farli avrebbe significato dover spostare le proclamazioni in autunno o anche oltre”, sottolinea. Paolo, che aveva già fatto la parte medica in presenza, ha appena completato la parte dedicata alla chirurgia online. All’università di Bologna, quindi, si sono mossi prima rispetto a Cagliari e lo hanno fatto in maniera diversa rispetto all’ateneo sardo: “Ci hanno dato dei video di operazioni da guardare. Questi video, che sono registrati, durano le stesse ore che avresti dovuto fare in presenza”, spiega. Ma come si può sapere se una persona ha veramente guardato i video, se li ha capiti? “Alla fine – racconta – c’è un test finale”, ovviamente. E la pratica? “Sotto un certo punto di vista – ammette lo studente – è stato anche più utile. Chiaro, il feedback in presenza è molto maggiore”.

Sia a Cagliari che a Bologna ancora non hanno iniziato il tirocinio di medicina generale che, in situazioni normali, si fa dal medico di base. Sara mi spiega che in Sardegna hanno programmato l’inizio per le prime settimane di giugno, ma come verrà svolto ancora non si sa. Paolo, invece, sta aspettando: teoricamente dovrebbe iniziare il 18 maggio, ma se la situazione dovesse migliorare – e lui non crede -, potrebbe addirittura farlo in presenza.

Padova. E poi c’è Sergio, che si è laureato a Padova a marzo. Per lui non era previsto alcun tipo di tirocinio pre-laurea. In situazioni normali però sarebbe dovuto partire il 7 aprile, scenario impossibile ora, con il Covid-19: “Il ministero ha prima deciso di far slittare tutto al 22 giugno – racconta – poi ha corretto il tiro, consentendo a ogni università di decidere in autonomia”. E a Padova hanno avuto le assegnazioni dall’11 maggio, così dal 18 dovrebbero partire i tirocini. Nel concreto faranno la parte medica e chirurgica online, con discussione di casi clinici, come a Cagliari, ma le ore saranno solo 50, anziché le 100 previste. Ancora non si hanno maggiori informazioni. A quanto pare, dice, “mancano i tutor, ma la situazione era quella già da prima”. Non avresti preferito fare il tirocinio in presenza? Lui, molto onestamente, spiega di no: “Da come mi hanno raccontato colleghi già abilitati a Padova, la parte in ospedale è sostanzialmente inutile, a meno che non si venga assegnati a un ospedale periferico. Le ore in azienda ospedaliera sono paragonabili a quelle che si fanno durante il corso di laurea, dove sei considerato un peso e vieni lasciato sostanzialmente in balia di te stesso. Aggiungo anche che personalmente mi trovo lontano da Padova, quindi in questa situazione preferisco decisamente la modalità online”. Nell’ateneo veneto, per i tirocini post lauream, si sta studiando una soluzione per la modalità in presenza almeno per quanto riguarda medicina generale, “molto utile per prendere confidenza con la burocrazia”, spiega il ragazzo. Anziché quattro settimane, quest’ultima parte verrà svolta in due.

Roma. Alla Sapienza, come a Bologna, hanno giocato d’anticipo, mi racconta Federica, una laureanda. “Ho iniziato il tirocinio chirurgico i primi di marzo. In realtà all’inizio andavo proprio al Policlinico Umberto I, poi il docente mi ha invitato a non farlo più”, afferma la ragazza. Dallo stesso professore che l’ha rimandata a casa per le restrizioni sarebbe arrivata anche un’ammissione: “Mi ha firmato i fogli attestanti le ore di tirocinio, dicendomi di non volermi penalizzare, ma ha detto che non aveva senso fare un tirocinio chirurgico online – continua a raccontare -. Abbiamo seguito qualche lezione attraverso la piattaforma Google Meet e basta”. Per la parte medica invece, le lezioni le svolgevano a turno gli studenti che dovevano fare il tirocinio: i professori facevano domande e correggevano gli eventuali errori, dando anche degli spunti pratici, continua a raccontare Federica. Ancora una volta è la situazione che ha richiesto una soluzione di questo tipo, che “lascia il tempo che trova”. Dalla Sapienza e dal Policlinico Umberto I fanno sapere che non appena tutto si calmerà, i laureandi potranno tornare nei reparti e recuperare quello che il Coronavirus ha impedito loro di fare.

Superati questi due importanti scogli, il lavoro non è finito. Come e dove i nuovi medici verranno proclamati dottori ancora non si sa, come non si hanno notizie delle specialistiche. Al di là dell’eliminazione dell’esame di Stato, i medici si aspettano dal governo un decreto con cui si fissa una data in cui effettuare il test per poter entrare in specializzazione. L’anno scorso, in questo stesso periodo, le decine di migliaia di candidati avevano un giorno. A oggi, dal ministero dell’Università e della ricerca e dal suo titolare Gaetano Manfredi tutto tace, e ancora non è stato istituito neanche l’Osservatorio nazionale. C’è chi parla di fine luglio, chi pensa che tutto verrà fatto slittare a ottobre. In questi giorni il ministro ha confermato che sono 4.200 le borse di studio per la specializzazione medica finanziate. Una cosa è certa, però: in Italia più che i medici, mancano gli specialisti. E non è solo per loro che si deve lavorare, ma per tutto il sistema sanitario nazionale, che non viveva una situazione florida neanche prima della pandemia.

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