Il professor Luigi Di Gregorio è un docente di comunicazione pubblica, politica e sfera digitale e di web e social media per la politica presso l’Università della Tuscia. Tra i suoi interessi di ricerca spiccano anche gli studi elettorali e la politica comparata. A noi di Lumsanews ha raccontato come i social media intervengono nella militanza giovanile.
Come intervengo i social media nella militanza giovanile, ed è vero che portano a una polarizzazione dell’associazionismo giovanile?
“È difficile capire quanto i social media siano causa di polarizzazione, che sicuramente è incentivata dal loro format mediale e business plan. Qualsiasi tema divisivo genera dibattito, qualsiasi dibattito genera engagement e quindi in qualche modo è un format che si nutre di polarizzazione, ma non ne è l’unico responsabile. Funziona perché l’essere umano è abituato a ragionare in un’ottica binaria “noi contro loro”, ed è gruppista e tribale da sempre. Quindi sicuramente i social sono un acceleratore di questo processo”.
I social vengono utilizzati largamente in tutti i movimenti giovanili. È una tendenza degli ultimi anni solo nel mondo giovani o in generale a livello politico?
“Oggi i social li utilizzano tutti, sono un canale inevitabile in qualunque ambito, e non c’è attore che possa farne a meno. C’è una necessità di utilizzarli perché sono il mezzo di comunicazione per definizione ormai da qualche anno, in particolar modo per i giovani”.
Dieci anni fa i canali prediletti erano Facebook o Twitter, adesso è tutto concentrato su TikTok. Da cosa è dettato questo cambiamento?
“È una scelta che segue il target. Una volta i giovani si trovavano principalmente su Facebook, che oggi è un po’ il social degli adulti. Poi sono arrivati Instagram e Tiktok. Questa sequenza non è casuale, perché segue la centralità della comunicazione basata sull’immagine. È comprensibile quindi che TikTok sia il social dei giovani, che oggi comunicano fondamentalmente via video”.