Un’emergenza più contenuta rispetto a qualche settimana fa, ma non va abbassata la guardia. Si può sintetizzare in questo modo la situazione Coronavirus in Italia, che secondo i dati Istat ha causato il 20% in più di decessi tra il 1° marzo e il 4 aprile di quest’anno rispetto al dato medio dello stesso periodo negli ultimi cinque anni.
I numeri nel Paese. I ricoveri in terapia intensiva continuano a calare e per la prima volta, dal 20 marzo, i pazienti nei reparti sono scesi sotto quota 3 mila. Più di mille si trovano in Lombardia. A Bergamo i decessi negli ospedali sono ritornati ai livelli pre-virus: da 19 morti al giorno a una media di due. Ma nella regione ieri ci sono stati 941 casi, contro gli 827 del giorno precedente. “Siamo in un trend discendente”, ha affermato il presidente dell’Istituto superiore di Sanità, Silvio Brusaferro, nella conferenza stampa organizzata dalla Protezione civile. Se i morti di ieri sono stati 525 (un numero più basso rispetto ai 578 di due giorni fa) e i guariti 2.072 (contro i 962 di mercoledì), aumenta però il numero dei contagi: ieri sono stati 3.786, in crescita rispetto ai 2.667 del giorno precedente. La percentuale del contagio è tornata sopra il 2%.
Nuove indicazioni sul Covid e prossima fase. Intanto, gli studi sul virus vanno avanti: “Al momento c’è uno studio di sieroprevalenza per indagare quante persone sono venute a contatto col virus e capire qual è la circolazione – dichiara Brusaferro – Ci sono stime variabili da regione a regione ma in generale il 90% delle persone in Italia non è venuto a contatto con il virus. Questo vuol dire che una larghissima parte della popolazione è ancora a rischio. Per avere l’immunità di gregge bisognerebbe avere circa l’80% di persone venute a contatto con il virus, dunque il target è molto lontano. Quindi non c’è un golden standard”. Dalla Lombardia e dalla Liguria arrivano anche altri dati, seppur parziali. Secondo alcuni test effettuati, il 10% della popolazione avrebbe sviluppato gli anticorpi.
Verso la riapertura. In un’intervista al Corriere della Sera, il fisico sperimentale dell’Istituto nazionale fisica nucleare, Paolo Branchini, spiega che “le misure restrittive hanno esaurito i loro effetti benefici e ora serve un passo in più, altrimenti la curva non si piegherà”. Per Branchini va seguito il modello della regione cinese dell’Hubei, con le quarantene generalizzate: “I positivi che stavano dentro casa insieme alle loro famiglie poi sono stati sistemati e isolati in strutture apposite. In dieci giorni il Ro (il parametro di contagiosità) è sceso da 1 a 0,32”.