Una protesta quasi improvvisata quella dei negozianti di Roma radunati in cima a Trinità dei Monti che, rispettando le distanze di sicurezza, sono scesi lungo la Scalinata per attirare l’attenzione del governo. “Senza aiuti non potremo riaprire”, si legge sui manifesti esposti dai partecipanti al presidio.
Decine di lavoratori hanno annunciato ufficialmente uno sciopero – probabilmente il 18 maggio, giorno fissato per la riapertura – per chiedere alle istituzioni un aiuto concreto. In particolare: detassazioni per salvare i dipendenti e aiuti per onorare gli esosi affitti dei locali. I commercianti sono scesi in piazza per chiedere una decontribuzione degli stipendi a fronte di affitti che lungo via del Corso sono fissati a seimila euro al metro quadro, arrivando fino a undicimila euro in via Condotti. Fra le richieste anche la rimozione delle Ztl del Centro per compensare la riduzione di flusso turistico.
I dati che arrivano da Confcommercio poi non sono incoraggianti: le imprese a rischio nel commercio e nel turismo sono il 10% del totale pari a circa 270.000 mentre i posti di lavoro che potrebbero essere persi con l’emergenza Covid sono 420mila.
Enrico Postacchini, membro di giunta di Confcommercio in un’audizione alla Commissione Industria del Senato ha auspicato interventi immediati a ristoro delle perdite subite. “Gli operatori hanno perso la pazienza – ha detto -. Non hanno visto nulla oltre ai 600 euro”. Dalla Fipe Confcommercio arrivano poi i conti sulle misure di distanziamento: con una persona ogni quattro metri quadrati i ristoranti romani perdono 246mila posti a sedere, circa il 63% del totale.
Secondo i dati elaborati da Josas Immobiliare il 70% delle relazioni commerciali relative alla zona di Roma centro sono attualmente congelate. Per quanto riguarda il business sulle strade consolari e nelle periferie va leggermente meglio, con il 30% dei giri d’affari attualmente posti in lockdown.
“La situazione è davvero critica – afferma il fondatore di Josas, Raffaele Rubin -. Prevediamo che fra luglio e agosto il 25% dei ristoranti chiuderà, perché solo dopo aver tentato la riapertura, garantendo le misure organizzative di sicurezza, si renderanno conto concretamente di non poter sostenere con gli stessi costi un terzo dei coperti. Stimiamo un licenziamento del 60% dei dipendenti del settore della ristorazione, figure professionali che nel nuovo contesto non saranno più indispensabili”.