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“Occupy Central”, migliaia ancora in piazza a Hong Kong. Ma il governo ritira la polizia

di Roberto Maria Rotunno29 Settembre 2014
29 Settembre 2014

hongkongResta tesa la situazione a Hong Kong, ma il governo locale ha per il momento deciso di ritirare la polizia antisommossa. Cittadini e studenti sono ancora in piazza per chiedere pacificamente a Pechino il suffragio universale alle elezioni in programma nel 2017 nell’ex colonia britannica. Tuttavia, l’impressione è che la scelta del ritiro delle forze dell’ordine sia dettata soprattutto dall’intento di distendere gli animi ed evitare l’effetto contrario. La paura è insomma che la manifestazione pacifica si trasformi in una nuova Tienanmen in versione 2014, ribattezzata – parafrasando un’espressione già utilizzata in altri contesti internazionali – “Occupy Central with love and peace”.

Le proteste sono cominciate due giorni fa e ieri i rivoltosi hanno occupato la sede del governo guidato da CY Leung, causando la reazione della polizia che ha risposto con manganelli e gas lacrimogeni. Settantotto le persone già fermate, secondo gli ultimi dati disponibili, tra cui il giovanissimo leader della rivolta: il diciassettenne Joshua Wong, già rilasciato sempre in favore di un tentativo di distensione. Le operazioni di polizia svolte dal governo locale hanno incassato l’appoggio di Pechino, che ha definito “illegali” i movimenti e le occupazioni.

Le ragioni della protesta si fondano sulla decisione del governo centrale, comunicata il 31 agosto, di rifiutare la proposta di riforma elettorale presentata dagli studenti. Le elezioni del 2017, nonostante la Basic Law del 1997 ponga come obiettivo l’elezione diretta dell’esecutivo locale da parte della popolazione hongkonghese, avverranno in realtà sotto lo stretto controllo del governo cinese. I candidati a governatore dovranno, infatti, ottenere l’approvazione della maggioranza assoluta di un comitato elettorale nominato da Pechino. Il Congresso nazionale del partito è dunque l’unico interprete riconosciuto della Basic Law, vera e propria costituzione dell’ex colonia britannica. I meccanismi dettati da Pechino, che tra l’altro impongono di mantenere inalterato il sistema capitalista fino al 2047, restringeranno quindi l’elenco dei candidabili alle elezioni ai soli graditi dal governo centrale.

E intanto a risentirne sono i mercati azionari. La borsa di Hong Kong, una delle piazze finanziarie più rilevanti al mondo, ha perso l’1,18 per cento all’apertura di questa mattina. Anche i servizi stanno subendo limitazioni. Il traffico è stato interrotto, duecento linee di autobus sono state sospese o deviate e sono state chiuse alcune stazioni delle metro. Il sindacato degli insegnanti ha indetto uno sciopero per affiancare gli studenti nella protesta.

Roberto Rotunno

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