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HomeEsteri Guerra in Ucraina, tre anni fa l’invasione. Le principali tappe dal 2022 a oggi

Ucraina, tre anni di guerra
Le tappe del conflitto
dal febbraio 2022 a oggi

L'offensiva russa e la risposta di Kiev

Il ritorno di Trump spacca l'Occidente

di Giacomo Basile24 Febbraio 2025
24 Febbraio 2025

Carro armato russo in un'operazione in Ucraina | Foto Ansa

KIEV – 24 febbraio 2022, come un rigurgito dei libri di storia la guerra torna in Europa. Dopo mesi di mobilitazioni di truppe al confine il presidente della Federazione russa, Vladimir Putin, annuncia un’operazione militare speciale nell’Ucraina orientale, durante un accorato discorso alla nazione. 

La prima offensiva

La dichiarazione dell’ultimo Zar segna di fatto l’inizio del conflitto che dal 2014  – nonostante gli accordi di pace di Minsk I e II dopo la guerra in Crimea –  sembrava solo una questione di tempo. La prima offensiva russa è imponente: 165 attacchi missilistici e 75 incursioni aeree nelle prime 24 ore. E mentre i cieli dell’Ucraina si tingono di nero le truppe russe penetrano a nord dal confine bielorusso, a est dal confine russo – ucraino e a sud dalla Crimea, annessa nel 2014.

L’obiettivo dell’intelligence del Cremlino è conquistare rapidamente Kiev con una guerra lampo, ma la resistenza ucraina fiacca l’avanzata e riesce a tenere la Capitale, costringendo l’esercito russo ad abbandonare il piano di chiudere il conflitto in poco tempo con la cattura di Kiev. A marzo però l’armata di Putin riesce a conquistare Kherson e parte dell’oblast di Zaporizhia, dove è situata una delle centrali nucleari più grandi d’Europa. 

Le conquiste russe e il massacro di Bucha

La controffensiva Ucraina fa fatica, ad aprile a Bucha i soldati del Cremlino massacrano più di 400 civili lasciando i corpi per le strade e mostrando alla comunità internazionale, per la prima volta dall’inizio della guerra, le atrocità compiute sul suolo ucraino. A maggio l’Ucraina subisce un duro colpo: dopo tre mesi di assedio cade la roccaforte di Mariupol, che consegna alla Russia il controllo su una zona fondamentale di collegamento con la Crimea e l’unico accesso al Mare D’Azov. 

L’esercito di Kiev si ricompatta e a giugno respinge i russi dall’Isola dei serpenti, un porto nevralgico vicino Odessa, catturato dagli avversari nelle prime ore del conflitto. Nel mese successivo il presidente turco, Recep Erdogan, lancia un primo tentativo di pacificazione che però ha vita breve viste le onerose richieste di Putin, fermamente respinte dal premier ucraino Volodymyr Zelensky. 

La ripresa della controffensiva e i referendum

Riprendono le ostilità e l’esercito ucraino riesce a portare a casa alcuni successi come la riconquista della regione di Kharkiv, mentre subisce però una scottante sconfitta diplomatica. Negli oblast russofoni di Donetsk, Lugansk, Zaporizhia e Kherson si svolgono dei referendum per l’annessione alla Russia e i risultati non lasciano spazio a dubbi: circa il 90% dei votanti vuole entrare a far parte del territorio russo.

Gli schieramenti mondiali e il Gruppo Wagner

Tra il dicembre 2022 e il marzo 2023 lo scacchiere politico mondiale si muove. Il presidente degli Stati Uniti Joe Biden si schiera in difesa dell’Ucraina, sostenendo la volontà del Paese di entrare nella Nato. Intanto Putin cerca l’appoggio della Cina invitando il presidente Xi Jinping al Cremlino e contemporaneamente rinsalda i legami con la Corea di Kim Jong-un. 

A maggio il gruppo Wagner, mercenari al soldo della Federazione russa, catturano Bachmut, città simbolo della resistenza ucraina, e minacciano di rovesciare Putin. Il tentativo eversivo si spegne in agosto quando il co-fondatore della brigata, Evgenij Prigozin, muore in circostanze sospette in un incidente aereo. Le voci sul coinvolgimento del Cremlino vengono smentite direttamente da Putin che definisce l’ipotesi come “un’assoluta menzogna”

Gli aiuti americani

A dicembre dopo mesi di stallo Zelensky, in un’intervista, ammette che la controffensiva non ha raggiunto gli obiettivi sperati e che l’Ucraina per proseguire il conflitto ha bisogno del pieno appoggio dei suoi partner europei e americani. 

La resistenza ucraina fa più fatica nei mesi seguenti e Putin a febbraio è convinto dell’invincibilità dell’armata russa e chiede a Zelensky di trattare. Ma il leader ucraino non ha intenzione di arrendersi e il pacchetto di aiuti americani da un miliardo di dollari dà nuova speranza alle truppe di Kiev. Dopo aver resistito al nuovo assalto su Kharkiv e a un massiccio attacco missilistico su tutto il territorio nazionale, gli ucraini conducono una vincente operazione a sorpresa nel Kursk russo, riuscendo a consolidare la posizione. 

A settembre una nuova boccata di ossigeno per l’Ucraina, altri 8 miliardi di dollari dagli Stati Uniti seguiti a novembre dal via libera all’uso dei missili a lungo raggio Atacms per colpire la Russia in profondità, oltre le linee del fronte. La nuova apertura americana segue la decisione di Kim Jong-un di schierare circa 10mila soldati sul fronte ucraino, mossa destabilizzante per il panorama politico internazionale.

Gli ultimi mesi del conflitto e l’inizio dei negoziati

Gli scontri proseguono durante gli ultimi mesi del 2024 fino ad arrivare a oggi. Nelle scorse settimane la situazione di stallo sembra essere arrivata a un punto di svolta con la chiamata tra Putin e il presidente americano Donald Trump, autodefinitosi “il pacificatore”. Sembrerebbero esserci i presupposti per un cessate il fuoco ma il prezzo per l’Ucraina è elevato. Trump ha infatti chiesto a Zelensky metà delle terre rare presenti nel sottosuolo ucraino e, pochi giorni fa, si è unito al coro russo che vede lo chiama “un dittatore non eletto”.

Zelensky, dopo più di mille giorni di conflitto, si è detto pronto a dimettersi in cambio dell’ingresso dell’Ucraina nella Nato e di un ruolo più sostanzioso nei negoziati, da cui per ora gli ucraini risultano estromessi. La pace quindi sembra dietro l’angolo, ma le garanzie per l’integrità territoriale del giovane stato ucraino potrebbero non essere sufficienti a sventare un nuovo tentativo di annessione da parte della Russia, proprio come è successo nel 2022 dopo i fragili accordi di Minsk.

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