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HomeEsteri Graziato di nuovo in Iran il medico svedese Djalali, arrestato per spionaggio

Graziato di nuovo in Iran
il medico svedese Djalali
arrestato per spionaggio

Fino al 2015 fu ricercatore a Novara

nel dipartimento di medicina di disastri

di Andrea Noci16 Dicembre 2020
16 Dicembre 2020

È stata rinviata di nuovo l’impiccagione di Ahmad Reza Djalali, in programma oggi all’alba. È la terza volta che il ricercatore iraniano, naturalizzato svedese, viene graziato all’ultimo momento. Infatti già due settimane fa era stato risparmiato in extremis.
Questo potrebbe far ben sperare in vista di uno scambio di prigionieri con l’Unione Europea, a cui nei giorni scorsi il governo iraniano si era detto disponibile, pur senza citare direttamente Djalali.

Al momento non ci sono informazioni su un’eventuale nuova data fissata per l’esecuzione. Per questo il ricercatore è tornato in isolamento, in attesa di capire quali saranno le prossime mosse del governo iraniano. Il suo avvocato a Teheran ha avvertito la moglie a Stoccolma che l’esecuzione di oggi è stata sospesa, ma non ha altre informazioni a riguardo.

Djalali, 49 anni, è stato un collaboratore in medicina dei disastri dell’Università del Piemonte Orientale di Novara fino al 2015. È in carcere a Evin dal 2016, quando fu arrestato con l’accusa di spionaggio in favore di Israele. Lo scienziato si è sempre dichiarato innocente. Amnesty International ha definito il processo con cui è stato condannato come «clamorosamente iniquo».

Altri insieme ad Amnesty stanno invocando la sua liberazione. Scienziati e universitari su tutti. Ma anche la diplomazia europea e la Federazione italiana diritti umani. Amnesty sul suo sito, nei giorni scorsi, ha pubblicato l’estratto di una telefonata di Djalali dello scorso settembre in cui il medico raccontava le agghiaccianti condizioni in cui era costretto a vivere da quattro anni e mezzo: 14 persone in una cella di 30 metri quadrati. In questa telefonata Djalali ha ringraziato il mondo accademico e la gente comune che lo appoggia. «Le loro azioni hanno rallentato il rischio di esecuzione» ha spiegato.

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