È partita la trattativa per raggiungere l’unità nel centrosinistra. Ma a minare un’intesa già di per sé complicata arrivano le polemiche sui presidenti di Camera e Senato, Laura Boldrini e Pietro Grasso. Le loro recenti dichiarazioni, più politiche che istituzionali, hanno fatto partire un dibattito sulla loro imparzialità. Su Repubblica di ieri Eugenio Scalfari ne ha invocato le dimissioni. I dem non le chiederanno, ma si interrogano sul consenso che i due potranno spostare. La seconda e la terza carica dello Stato, dal canto loro, difendono il loro operato: un conto è l’imparzialità in Aula, altra cosa è una neutralità assoluta davanti alle questioni politiche.
Le accuse. Il ministro della Giustizia Andrea Orlando, intervistato da Radio Radicale, ha affermato di non conoscere alcun «precedente storico rispetto a un passaggio all’opposizione di tutti e due i presidenti in una forma così esplicita». Più duro il capogruppo dem alla Camera, Ettore Rosato, che punta il dito su Grasso, da poco uscito dal Pd: in caso di impedimento del capo dello Stato Grasso potrebbe ricoprire temporaneamente tale incarico. Per farlo, deve essere sempre super partes. Dunque, secondo Rosato, le sue dichiarazioni politiche sono più gravi di quelle di Boldrini.
I due presidenti. Boldrini e Grasso rivendicano il loro diritto a partecipare nel dibattito politico, seppur garantendo terzietà. A prendere le loro difese anche Mdp, indicato da più parti come la loro destinazione a fine legislatura: «Mi sembra che il tema sia costruito – spiega a Omnibus Enrico Rossi, governatore della Toscana e tra i fondatori del partito – Boldrini e Grasso hanno diritto di partecipare alla battaglia politica, come è già successo nella storia del nostro Paese. Fini o Casini, ad esempio, hanno fatto da segretari dei loro partiti per un periodo lungo della loro presidenza della Camera».
La trattativa. Nel frattempo il segretario del Pd Matteo Renzi continua a lavorare per un’intesa con la sinistra. E lo fa mandando in avanscoperta Piero Fassino: è l’ex sindaco di Torino il prescelto per mediare con Pisapia, Speranza, Civati e Fratoianni e creare un fronte comune contro l’avanzata del centrodestra. Incarico non facilissimo, come ammette anche Renzi dal treno dem a Ponte San Pietro, nel Bergamasco: «Fassino è una garanzia, se non ci riesce lui…»