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HomePolitica “Gramsci era rivoluzionario. Un secolo di conquiste, ma oggi resta poco del PCI”

“Gramsci era rivoluzionario
Un secolo di conquiste
ma oggi resta poco del Pci”

“Pesò la dipendenza dall’Urss”

rimarca lo storico Francesco Perfetti

di Francesco Fatone21 Gennaio 2021
21 Gennaio 2021

Francesco Perfetti è stato professore ordinario di Storia contemporanea presso la facoltà di Scienze politiche della Luiss Guido Carli di Roma, dove ha insegnato anche Storia moderna. Ci ha aiutato a capire come il Partito Comunista Italiano sia cambiato nel corso del suo secolo di vita.

Cosa resta del Pci a distanza di 100 anni?

“Resta poco e molto al tempo stesso. Resta poco perché il partito si è dissolto ormai da tempo e la sua eredità, poco importa se legittima o meno, è stata assunta da una formazione politica minore e certo marginale all’interno del sistema politico italiano. Anche lo stesso patrimonio culturale e ideologico del Pci ha perduto smalto di fronte alla diffusione del pensiero politico liberale. Sul piano storiografico, poi, gli studi di François Furet sull’idea di rivoluzione hanno dimostrato il fallimento totale dell’illusione e dell’utopismo anche nelle versioni che rivendicavano un «socialismo dal volto umano». Al tempo stesso, però, resta molto perché, soprattutto in Italia, restano intatti, o comunque ben saldi, i risultati della conquista della società civile attraverso l’«egemonia culturale» di gramsciana memoria”.

Lo storico Francesco Perfetti

Gramsci è stata una delle principali figure del Pci. È definibile un riformista?

“Non mi sembra sia assolutamente possibile, neppure con i più sofisticati artifici dialettici, associare il nome di Gramsci al riformismo. Il suo pensiero è sostanzialmente rivoluzionario, come ha mostrato assai bene un grande filosofo cattolico, Augusto Del Noce”.

L’eurocomunismo ha segnato una svolta nel Pci: come ha trasformato il partito?

“Voglio ricordare ancora una volta Del Noce, al quale sono stato molto vicino, perché in un suo lavoro su L’Eurocomunismo e l’Italia scisse che l’eurocomunismo non poteva avere «altro fondamento dottrinale che il gramscismo», certamente «posizione diversa dal marxismo letterale e dal marx-leninismo». Questo gramscismo che, grazie alla «egemonia culturale», postulava un inesorabile processo di dissoluzione morale dell’Italia fino all’avvento dell’«ordine nuovo» comunista non consentì trasformazioni profonde del Partito comunista che, al di là delle dichiarazioni, rimase quello che era soprattutto in termini di dipendenza dall’Urss. Come dimostra la vicenda dei finanziamenti provenienti da oltrecortina”.

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