È un tiro alla fune quello tra regioni e governo centrale per le riaperture. I governatori da nord a sud reclamano maggiore autonomia, dopo la valanga di dpcm con cui il presidente del Consiglio ha riempito la quarantena normativa del Paese. Giuseppe Conte e il ministro degli Affari Regionali, Francesco Boccia, difendono la rigidità dell’esecutivo ma provano a mollare un po’ di corda, per allargare le maglie del decreto del 26 aprile, che ha scaglionato l’iter del ritorno alle attività.
D’altronde, la regionalizzazione delle riaperture è un tema che mette d’accordo praticamente tutto l’arco politico italiano. Il rischio, però, è quello di assistere a una battaglia di ordinanze emesse dai territori e ritiri imposti da Roma.
NORD.
Chi è riuscito a limitare i danni sanitari dell’epidemia vorrebbe poter riaprire prima. Dalla Liguria, Giovanni Toti chiede al governo di “trattare territori anche diversi in modo diverso. Ritengo che ci siano attività compatibili con il virus”. La linea di una ripartenza più “permissiva” è condivisa dagli amministratori di Veneto, Trentino, Friuli e Emilia Romagna. Più caute le posizioni piemontesi e lombarde, le regioni più colpite dal virus. Durante la video-conferenza Stato-Regioni di ieri, da Milano Attilio Fontana ha espresso le sue perplessità sul funzionamento contingentato del trasporto pubblico: “Le società Atm e Trenord hanno dichiarato di non essere in grado di assicurare il rispetto del richiesto distanziamento sociale sui propri mezzi. Nel Dpcm – aggiunge il governatore – andrebbe dichiarata la possibilità di ‘spalmare’ su un orario più esteso l’avvio delle attività e magari organizzare su sette giorni i turni di lavoro, per non creare affollamenti”.
CENTRO.
“Bene l’orientamento del ministro Francesco Boccia di collegare le verifiche sulle riaperture anche ai livelli di contagio nelle diverse Regioni”, scrive su Twitter il governatore del Lazio, Nicola Zingaretti. Il presidente dell’Abruzzo, Marsilio, ha chiesto di anticipare la ripresa al 18 maggio per le attività apposto con i protocolli di sicurezza, che dovrebbero ricominciare il 1° giugno, come i parrucchieri. E se le Marche continuano a invocare misure graduali per il riavvio, In Toscana la Regione ha già disposto la riapertura del comparto tessile.
SUD.
A due mesi dal primo esodo di ritorno dalle regioni settentrionali, al sud la paura è ancora collegata ai rientri dei milioni di studenti e lavoratori che potrebbero rientrare dal 4 maggio in poi. In prima linea i governatori di Campania, Puglia e Sardegna. “Milano, si sa, è la seconda città della Puglia dopo Bari”, dice Michele Emiliano, “chi torna, dovrà restare a casa, a giusta distanza dai familiari, per 14 giorni – che poi aggiunge – c’è anche un tema turismo. Abbiamo 900 chilometri di costa, dobbiamo trovare una maniera per ospitare chi vuole venire a goderseli”. Anche il governatore campano, De Luca, teme i rientri e fa appello alla ministra dell’Interno, Lamorgese, affinché gli arrivi dalle altre regioni continuino a essere motivati da ragioni di salute o lavorative. Il sardo Solinas, lancia addirittura l’idea di un passaporto sanitario, che attesti la negatività al tampone registrata nei sette giorni precedenti al rientro sull’isola
C’è poi il fronte della ripartenza, con Sicilia e Calabria a chiedere maggiori libertà. Ieri Iole Santelli ha firmato un’ordinanza per riaperture di bar e ristoranti, ma da Roma fanno sapere che si andrà verso una probabile diffida.