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Google nella bufera
Youtube favorì i terroristi?
Decide la Corte Suprema

La causa all'azienda in nome di Nohemi

la ragazza uccisa al Bataclan nel 2015

di Alessandro Raeli21 Febbraio 2023
21 Febbraio 2023
Google Stato Islamico

Caos Google, sarebbe responsabile di complicità con i terroristi | Foto Pixabay

Google sarebbe responsabile di complicità (involontaria) con i terroristi dello Stato Islamico. Questa la considerazione emersa in seguito alle lunghe indagini condotte negli anni per capire come lo Stato Islamico riuscisse a reclutare i suoi soldati. Internet e i social media sono stati ovviamente presi in considerazione nelle indagini, tenendo conto soprattutto dell’uso che ne fece in passato Al Qaeda. Al centro della bufera in particolare il servizio di video YouTube che ha permesso – attraverso gli algoritmi – la diffusione di immagini di propaganda dello Stato Islamico

La storia di Nohemi, vittima al Bataclan

Tutto inizia in seguito all’attentato al Bataclan avvenuto a Parigi la sera del 13 novembre 2015. Nohemi Gonzalez, studentessa americana, si trovava nella capitale francese per lo scambio studentesco. La ragazza, uscita con alcuni amici, rimane poi uccisa nell’attentato dei terroristi. Sarà la Shurat HaDin – un’organizzazione non governativa israeliana che si impegna nella lotta contro il terrorismo – a suggerire ai genitori di Nohemi di fare causa a Google.

Section 230: decide la Corte Suprema americana

La causa è in corso ormai da diversi anni ma la palla passa ora alla Corte Suprema americana. Il ruolo della Corte sarà fondamentale: dovrà pronunciarsi sulla Section 230 della Communications Decency Act. Questa legge del 1996 viene considerata come l’elemento fondante di Internet: le piattaforme non sono penalmente responsabili di quanto scritto e creato da terzi. Secondo questa legge dunque i colossi del web non sono considerati degli editori ma dei semplici “diffusori” di notizie o video. Proprio questo aspetto è stato contestato dai legali della famiglia della giovane uccisa a Parigi. Il sostegno ottenuto dall’Isis arriva infatti dalla piattaforma di Google che ha funto da vero e proprio serbatoio da cui pescare le nuove reclute.

I possibili scenari sulla decisione

La Corte Suprema potrebbe dunque decidere di abrogare o modificare la Section 230. La responsabilità che possiedono siti web con miliardi di iscritti è cruciale. Per questo motivo piattaforme come Facebook, Instagram, Twitter e Youtube dovrebbero vigilare più attentamente a 360 gradi e non limitarsi alla sola eliminazione di contenuti pornografici o violenti.

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