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Google pagherà le notizie
anche in Australia
Soddisfatti gli editori

L'accordo arriva dopo il caso francese

In Italia situazione ancora bloccata

di Enrico Scoccimarro17 Febbraio 2021
17 Febbraio 2021

FILE- In this Nov. 1, 2018, file photo, the Google logo at their offices in Granary Square, London. The Australian consumer watchdog is taking Google to court alleging the technology giant broke consumer law by misleading Android users about how their location data was used. (ANSA/AP Photo/Alastair Grant, File) [CopyrightNotice: Copyright 2018 The Associated Press. All rights reserved]

Google è pronto a remunerare le notizie anche in Austrialia. Il colosso americano ha concordato di pagare oltre 30 milioni di dollari australiani l’anno (19 milioni di euro) per l’uso del contenuto di news di Nine Entertainment Co, uno dei maggiori gruppi di media australiani. Lo riferisce il quotidiano australiano Sydney Morning Herald, secondo cui Nine ha appena firmato una lettera di intenti con Google per cinque anni.

L’accordo riguarda i contenuti tratti da giornali, tv, radio e risorse digitali e assicurerà sostegno alle testate della società. Consentirà anche a Google di far fronte all’imminente introduzione di un codice di condotta vincolante, per il quale le big tech dovranno concordare con gli editori australiani (soddisfatti della decisione) indennizzi per la condivisione dei loro contenuti, altrimenti penali fino a 10 milioni di dollari. Il ministro del Tesoro Josh Frydenberg ha espresso ottimismo: “Credo che proprietari dei media e giganti digitali riconoscano che qui abbiamo trovato una soluzione che può assicurare una stabilità per il futuro e che vedrà i giornalisti continuare ed essere ricompensati per la creazione di contenuti originali”.

Nei mesi scorsi Google aveva accettato di pagare gli editori francesi. La Francia è infatti il primo Paese europeo a imporre a “Big G” di riconoscere un compenso alle testate giornalistiche per la pubblicazione dei contenuti sul motore di ricerca. La remunerazione sarà decisa di volta in volta a seconda del singolo contratto con l’editore: l’accordo quadro non impone un minimo ma, in compenso, individua alcuni criteri come “il contributo all’informazione politica e generale” della testata, la quantità di articoli pubblicati quotidianamente e i contatti mensili online. Questo nostro impegno apre nuove prospettive per i nostri partner, e siamo felici di contribuire al loro sviluppo nell’era digitale e a sostenere il giornalismo” ha dichiarato Sébastien Missoffe, Ceo di Google France. La battaglia però è stata dura e lunga.

La “link tax” si è rivelata un flop sia in Germania sia in Spagna, non riuscendo ad arricchire gli editori di giornali. La Germania è stata la prima a ottenere una legge sui diritti d’autore connessi nel 2013. In Spagna invece i legislatori hanno elaborato una versione ancora più severa della legge che costringeva gli editori a richiedere tariffe di copyright accessorie dagli aggregatori di notizie. La situazione è bloccata anche in Italia. Raffaele Lorusso, segretario generale della Federazione nazionale della stampa italiana ha recentemente spiegato: “Abbiamo chiesto al sottosegretario per l’editoria Andrea Martella che si proceda anche in Italia all’applicazione della direttiva Ue sul copyright”.

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